sabato 29 agosto 2009

LASME: TUTTO DA RIFARE...

Sembrava un buon avvio l'accordo di ieri presso la prefettura a Poternza, ma meno di 24 ore ed è tutto da rifare per la vertenza LASME.
"I lavoratori sono a disposizione dell'azienda nel piazzale antistante la LASME e l'accesso allo stabilimento è assolutamente libero", così Antonio Pepe, Segretario Generale della CGIL Basilicata, rispondendo all'annuncio della LASME che, a causa del "mancato sgombero delle aree interne al perimetro aziendale" non sospenderà le procedure di mobilità per 174 operai dell'azienda.
La mobilitazione continua, con l'amarezza e la delusione degli operai, ma anche con tutto l'appoggio che sino ad ora "Sinistra e Libertà" di Lavello - ma anche di tutto il circondario - ha dimostrato verso i lavoratori della fabbrica di San Nicola di Melfi.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

LA NOSTRA LOTTA PER IL LAVORO E CONTRO COMPORTAMENTI BARBARI
di Luca Vicino
Dom, 30/08/2009
Sono uno dei 7 lavoratori della LASME, azienda dell’indotto FIAT di S.Nicola di Melfi dove 174 lavoratori rischiano di perdere definitivamente il lavoro, che per 3 giorni sono stato sul tetto dello stabilimento solo ed unicamente per rivendicare il diritto al lavoro.
Molti in questi giorni hanno parlato delle lotte, di questi nostri gesti, tanti si sono affrettati a dire che non bisogna arrivare a queste forme estreme che mettono a rischio la vita delle persone.
Io sono d’accordo che bisogna ricostruire la unità di tutti i lavoratori e dello stesso sindacato senza divisioni fra nord e sud, fra italiani ed extracomunitari per affermare con lotte civili come da sempre abbiamo fatto nel nostro Paese i nostri diritti. Come si fa a chiedere di essere razionale e evitare forme di lotta estreme, a chi, dopo un anno di lavoro si prepara ad un piccolo periodo di riposo e l’ultimo giorno di lavoro scopre che la fabbrica dopo le ferie non aprirà più e che un mese prima, mentre si produceva a pieno ritmo (per fare le scorte alla Fiat?) il padrone aveva messo in liquidazione la società di Melfi e si preparava a produrre le produzioni in Liguria?
Per tutti i lavoratori della Lasme, per me e i compagni che sono stati sul tetto e che sono scesi solo perché l’assemblea ha democraticamente deciso di accettare la proposta del Prefetto di Potenza di sospensione della mobilità e abbandono del tetto da parte nostra, fino all’incontro che si terrà al Ministero dell’industria previsto per il 4 settembre, la perdita del posto di lavoro significa tutto. Spezza ogni nostra progetto futuro. Io personalmente, ma anche tanti altri, sono “emigrato” da un paese dell’interno della Basilicata a Lavello dove, come tanti, il lavoro nella fabbrica ci aveva permesso d’iniziare a costruire un nuovo futuro non a 1000 km ma a 100 km dal nostro luogo di nascita e quindi nella nostra regione, nella nostra terra.
I padroni Pellegri di Chiavari per meri interessi economici hanno deciso di spostare tutta la produzione in Liguria dopo aver avuto tanti contributi pubblici e benefici con la costruzione dello stabilimento di Melfi.
E’ un comportamento barbaro a cui non ci stiamo e che combatteremo con tutte le nostre forze e con ogni lotta, anche quelle più estreme. A tutti chiediamo sostegno e solidarietà concreta; chiediamo di provare a mettersi nei nostri panni. Siamo gente con mogli/mariti e figli che non hanno la forza di guardare avanti perché vedono solo buio. Un buio uguale a quello di tanti altri, a quello che hanno davanti i lavoratori extracomunitari, quelli che tre sere fa, in un paese poco distante dalla nostra fabbrica, come noi, hanno rischiato di morire perché un padroncino non li voleva a dormire nei casolari abbandonati vicino al proprio agriturismo perché ne andava di mezzo la immagine del suo locale. Loro vanno bene il giorno quando raccolgono i pomodori a venti euro e devono scomparire la sera quando hanno il diritto a dormire, noi andavamo bene quando producevamo a Melfi a costi inferiori e non più adesso.
Queste sono le storie del lavoro, queste sono le storie di chi è considerato merce uguale ai pezzi che produce e al pomodoro che raccoglie. Contro questa idea del lavoro, contro queste ingiustizie, non solo noi, ma tutti dovrebbero indignarsi e lottare di più perché ciò non avvenga. Questa è la storia di chi dopo le lotte alla università per il diritto allo studio si ritrova su un tetto della fabbrica per il diritto al lavoro. Per noi il mondo non è cambiato, anzi forse è peggiorato.
Noi tutti della lasme continueremo a batterci per tornare al lavoro perché non abbiamo altra scelta. Sosteneteci.

Anonimo ha detto...

LA NOSTRA LOTTA PER IL LAVORO E CONTRO COMPORTAMENTI BARBARI
di Luca Vicino
Dom, 30/08/2009
Sono uno dei 7 lavoratori della LASME, azienda dell’indotto FIAT di S.Nicola di Melfi dove 174 lavoratori rischiano di perdere definitivamente il lavoro, che per 3 giorni sono stato sul tetto dello stabilimento solo ed unicamente per rivendicare il diritto al lavoro.
Molti in questi giorni hanno parlato delle lotte, di questi nostri gesti, tanti si sono affrettati a dire che non bisogna arrivare a queste forme estreme che mettono a rischio la vita delle persone.
Io sono d’accordo che bisogna ricostruire la unità di tutti i lavoratori e dello stesso sindacato senza divisioni fra nord e sud, fra italiani ed extracomunitari per affermare con lotte civili come da sempre abbiamo fatto nel nostro Paese i nostri diritti. Come si fa a chiedere di essere razionale e evitare forme di lotta estreme, a chi, dopo un anno di lavoro si prepara ad un piccolo periodo di riposo e l’ultimo giorno di lavoro scopre che la fabbrica dopo le ferie non aprirà più e che un mese prima, mentre si produceva a pieno ritmo (per fare le scorte alla Fiat?) il padrone aveva messo in liquidazione la società di Melfi e si preparava a produrre le produzioni in Liguria?
Per tutti i lavoratori della Lasme, per me e i compagni che sono stati sul tetto e che sono scesi solo perché l’assemblea ha democraticamente deciso di accettare la proposta del Prefetto di Potenza di sospensione della mobilità e abbandono del tetto da parte nostra, fino all’incontro che si terrà al Ministero dell’industria previsto per il 4 settembre, la perdita del posto di lavoro significa tutto. Spezza ogni nostra progetto futuro. Io personalmente, ma anche tanti altri, sono “emigrato” da un paese dell’interno della Basilicata a Lavello dove, come tanti, il lavoro nella fabbrica ci aveva permesso d’iniziare a costruire un nuovo futuro non a 1000 km ma a 100 km dal nostro luogo di nascita e quindi nella nostra regione, nella nostra terra.
I padroni Pellegri di Chiavari per meri interessi economici hanno deciso di spostare tutta la produzione in Liguria dopo aver avuto tanti contributi pubblici e benefici con la costruzione dello stabilimento di Melfi.
E’ un comportamento barbaro a cui non ci stiamo e che combatteremo con tutte le nostre forze e con ogni lotta, anche quelle più estreme. A tutti chiediamo sostegno e solidarietà concreta; chiediamo di provare a mettersi nei nostri panni. Siamo gente con mogli/mariti e figli che non hanno la forza di guardare avanti perché vedono solo buio. Un buio uguale a quello di tanti altri, a quello che hanno davanti i lavoratori extracomunitari, quelli che tre sere fa, in un paese poco distante dalla nostra fabbrica, come noi, hanno rischiato di morire perché un padroncino non li voleva a dormire nei casolari abbandonati vicino al proprio agriturismo perché ne andava di mezzo la immagine del suo locale. Loro vanno bene il giorno quando raccolgono i pomodori a venti euro e devono scomparire la sera quando hanno il diritto a dormire, noi andavamo bene quando producevamo a Melfi a costi inferiori e non più adesso.
Queste sono le storie del lavoro, queste sono le storie di chi è considerato merce uguale ai pezzi che produce e al pomodoro che raccoglie. Contro questa idea del lavoro, contro queste ingiustizie, non solo noi, ma tutti dovrebbero indignarsi e lottare di più perché ciò non avvenga. Questa è la storia di chi dopo le lotte alla università per il diritto allo studio si ritrova su un tetto della fabbrica per il diritto al lavoro. Per noi il mondo non è cambiato, anzi forse è peggiorato.
Noi tutti della lasme continueremo a batterci per tornare al lavoro perché non abbiamo altra scelta. Sosteneteci.