domenica 31 maggio 2009

La Festa di "Sinistra e Libertà"...

(da www.sinistraeliberta.it) La festa di Sinistra e Libertà in corso a Roma, si è rivelata un grande successo. Un’occassione per ritrovarsi e per ricomiciare a pensare insieme la nuova sinistra. Il 2 giugno l’evento conclusivo per festeggiare la Costituzione italiana.

All’inizio molti l’avevano presa con scetticismo se non con preoccupazione. Oggi, a giochi quasi conclusi la festa di Sinistra e Libertà si rivela come una gran bella idea ed un successo da far invidia al PD. Dal punto di vista organizzativo l’impegno è notevole. Infatti pur mantenendo tutte le attività a livello cittadino in funzione, i numeri sono belli e dicono tanto: oltre 60 compagni si alternano ogni giorno nell’organizzazione dello spazio e dei ristoranti dove, ogni sera, (sin dalla prima) si è registrato il tutto esaurito. Oltre tremila persone frequentano ogni sera la festa con picchi enormi in occasione di sabato (Fava, Vendola, Fontana, Forgione, Vasile) e domenica.

I dibattiti, seguiti in media da oltre 100 persone, hanno toccato gli argomenti più variegati e interessanti offrendo ai candidati un’occasione ideale per presentarsi. Ma la cosa più interessante e appagante è il clima che si vive. Il senso del ritrovarsi, del ricominciare insieme, dell’incontrare facce perse e facce mai viste prima. Le discussioni fino a tarda ora intorno ad un bicchiere, la musica, una dimensione popolare giusta, di sinistra che fa, che avvicina, che scaccia gli incubi e libera i sogni. Tonda e rossa come il simbolo di Sinistra e Libertà, piazza Mastai , un po’ sorniona un po’ curiosa, ci dice che le cose stanno iniziando a cambiare. L’onda è passata spesso di qui quest’anno ( la piazza è in prossimità del ministero della Pubblica Istruzione). Quella bella e fresca energia deve aver contaminato parecchio la zona, si sente nell’aria si vede nei volti.

domenica 24 maggio 2009

La lettera di Vendola e la risposta del PD...


Il 22 maggio 2009 il leader di "Sinistra e Libertà", Nichi Vendola, invita tutte le opposizioni dentro e fuori al parlamento ad una azione comune contro gli atteggiamenti plebiscitari del premier Berlusconi, di seguito la lettera. La missiva è stata inviata a Pierfedinando Casini e Lorenzo Cesa (UDC), Flavia D’Angeli (SC), Antonio Di Pietro (IDV), Oliviero Diliberto (PdCI), Marco Ferrando (PCL), Paolo Ferrero (PRC), Dario Franceschini (PD), Marco Pannella (PR), Luciana Sbarbati (MRE):

"Carissime e carissimi, vi sono molti, troppi, inquietanti segnali che indicano che il nostro Paese sta attraversando una fase particolare, e per molti versi originale, nella quale il sistema democratico che tutti noi abbiamo conosciuto e nel quale abbiamo vissuto e operato è messo a serio rischio. Sta crescendo nel nostro Paese una vera e propria emergenza democratica rispetto alla quale tutti noi abbiamo il dovere e la necessità di reagire in modo adeguato e tempestivo.Per questa ragione mi assumo la responsabilità di scrivervi e di proporvi un incontro a brevissimo termine per assumere assieme le iniziative adeguate, come compete ad un’opposizione parlamentare ed extraparlamentare, come è la forza politica cui appartengo, non certo per sua scelta.

Conviene evitare paragoni con il passato, sempre difficilmente proponibili, ma certamente abbiamo avuto modo, e con noi le italiane e gli italiani, di cogliere nei recenti comportamenti della maggioranza, del governo e segnatamente del Presidente del Consiglio, atteggiamenti, comportamenti, dichiarazioni e atti che entrano in collisione con le regole più elementari di una repubblica democratica e parlamentare.Non credo sia sfuggito a nessuno il carattere ricattatorio del discorso pronunciato da Silvio Berlusconi di fronte all’assemblea di Confindustria.

Un Presidente del Consiglio che controlla direttamente o indirettamente quasi l’intero sistema mediatico minaccia di rivolgersi direttamente al popolo per sovvertire gli assetti costituzionali aggirando o, peggio, ignorando con esplicito disprezzo il Parlamento.Questo atteggiamento arrogante e, temo, non privo di venature eversive era già evidente nella vicenda apertasi con la sentenza sul caso Mills.

Siamo di fronte ad un assurdo: chi è stato destinatario di un atto di corruzione viene condannato dalla Magistratura, mentre il suo eventuale corruttore è protetto da una legge vigente, contro la quale l’opposizione si è fortemente battuta, che lo sottrae a qualunque tipo di giudizio.

Non compete a noi entrare nel merito della vicenda giudiziaria. Così come il Presidente del Consiglio non dovrebbe abbandonarsi ad una pubblica sequela di insulti rivolti alla Magistratura giudicante in ragione di una sua presunta intenzione persecutoria motivata addirittura da una altrettanto presunta collocazione politica dei singoli magistrati.

Ma noi non possiamo assistere impassibili ad una nuova recrudescenza di dichiarazioni e atti che mirano a sottoporre la Magistratura sotto il controllo politico dell’Esecutivo, stravolgendo l’equilibrio dei poteri di uno stato democratico e la sua Costituzione.

E’ da notare come tali comportamenti costituiscano di per sé un motivo di uno scontro ora strisciante, ora esplosivo con le più alte cariche dello stato, a cominciare dal Presidente della Repubblica, i cui ripetuti, ponderati e preziosi interventi a tutela degli equilibri istituzionali e della nostra Costituzione sono stati disattesi e persino svillaneggiati dal Presidente del Consiglio.

La stessa vicenda della oscura relazione tra il presidente del consiglio e la famiglia Letizia non può essere confinata nella sfera del privato, il confine tra pubblico e privato essendo, come segnalano tutti i migliori studiosi delle moderne democrazie, diverso per chi ricopre cariche istituzionali e per il comune cittadino. E di fronte a denunce che partono dagli stessi famigliari del presidente del Consiglio, non credo si possa tacciare di indebita invasione nel privato la richiesta formale di pubblici chiarimenti da parte di chi un ruolo pubblico riveste.

La mia elencazione potrebbe continuare ma sarebbe superflua poiché già così la misura appare colma.Ad un’emergenza democratica si deve rispondere con un’eccezionale sussulto democratico nel Paese e nelle istituzioni. Non credo che il Parlamento possa limitarsi ad attendere che il Presidente del Consiglio decida, a seconda dei suoi desideri e delle sue convenienze, se presentarsi di fronte ad esso o meno. L’opposizione parlamentare è in possesso di precisi strumenti regolamentari per giungere, nel modo e nelle forme opportune, a un dibattito parlamentare la cui urgenza mi sembra ormai massima. Per questo mi rivolgo a Voi, pur in un momento come l’attuale che ci vede in competizione nella campagna elettorale per le elezioni dei parlamento europeo e di molti consigli provinciali e comunali.

L’imminente confronto elettorale non può fare venire meno, neppure per un attimo, il nostro senso di responsabilità verso la Costituzione italiana e l’ordinamento democratico dell’Italia. Mi auguro quindi che vogliate concordare con la necessità di un’immediata riunione di tutte le forze dell’opposizione, presenti o no nell’attuale Parlamento, per concordare e assumere tutte le iniziative unitarie, nel Parlamento italiano e in quello europeo, nelle Istituzioni locali, nella società civile per fare uscire il nostro Paese indenne dall’attuale emergenza democratica che lo investe. In attesa di un Vostro tempestivo cenno di riscontro, Vi saluto augurando a tutti noi un presente e un futuro di democrazia e libertà."

Nichi Vendola - Roma, 22 maggio 2009

La risposposta del PD è stato un atteggiamento suicida...

venerdì 22 maggio 2009

L'arroganza di Gasparri... e della Destra...

Lo scontro tra l'arrogante Gasparri a Ballarò il 19/05/2009

venerdì 1 maggio 2009

1 Maggio, Vendola: "Si festeggia un fantasma"

[da www.sinistraeliberta.it]
Vendola sul Primo Maggio: “Oggi si festeggia un fantasma”. Restituiamo al lavoro carne e sangue: dignità, concretezza, visibilità, protezione, rispetto. Diritti.

Oggi si festeggia un fantasma. Quella degli ultimi decenni è la storia di un occultamento e di una rimozione, di un progressivo, inesorabile, slittamento del lavoro dal ruolo centrale che gli assegnava la Costituzione repubblicana a postazioni sempre più periferiche, sino a finire nelle brume di una estrema banlieu, pudicamente celato alla vista. Disincarnato, ridotto a variabile duttile nelle stime dei tecnocrati o nei conti di manager grandi e piccoli, il lavoro è stato amputato della sua realtà concreta. Nella penombra di quella periferia sociale, si è consumata e quotidianamente si consuma una strage ignorata, tollerata, e oramai persino incentivata. Mentre il proscenio discuteva di veline e si azzuffava su particolari, parlava sempre e comunque d’altro, in quelle tenebre ha avuto libero corso l’imposizione di salari che erano da crisi anche quando la crisi non c’era, si è affermato un nuovo mercato del lavoro modellato sulle vecchissime forme del caporalato, fondato sul ricatto del precariato permanente e della disoccupazione endemica, sulla sottrazione di ogni potere contrattuale dei lavoratori, avvertito ormai come insopportabile pastoia che intralcia la logica sovrana del profitto.

Grazie a quella stessa “invisibilità” del lavoro, oggi, si studiano e allestiscono strategie feroci, che mirano a far pagare per intero i costi della crisi proprio a chi della crisi è vittima principale, i lavoratori dipendenti in cassa integrazione o peggio, i precari a spasso, l’esercito di giovani colti e preparati del sud costretti a una nuova migrazione di massa. Quella degli ultimi decenni è la vicenda di un beffardo slittamento semantico, che ha celato sotto le voci “modernità” e modernizzazione” un gigantesco ritorno al passato, passando per lo smantellamento di tutti i diritti conquistati dai lavoratori nel corso di due secoli di conflitto sociale, che ha ripristinato e restituito legittimità a vere e proprie forme di schiavismo. Chi può davvero credere che la scomparsa della rappresentanza politica del mondo del lavoro dal Parlamento italiano proprio al termine di questo immenso processo storico sia casuale, frutto di mera coincidenza?

C’è un solo modo, allora, di festeggiare questo primo maggio: farne la stazione di partenza per imboccare un tragitto inverso. Iniziare, da oggi, da subito, qui e ora, da questa campagna elettorale, a restituire realtà, concretezza e visibilità al lavoro. Imporre la sua centralità da subito, a partire dalle strategie per fronteggiare la crisi, sapendo che dalla crisi stessa non si potrà uscire senza restituire carne e sangue a quel fantasma, senza richiamare al centro della scena sociale, politica e persino culturale quel che da troppo tempo ne è rimosso. Questa crisi è frutto della stessa politica, delle stesse politiche, delle stesse logiche che hanno per trent’anni umiliato e assediato il lavoro e i lavoratori. Non si può sperare di risolverla con gli stessi strumenti che l’hanno determinata.

Abbiamo scelto di superare una volta per tutte l’antica e disastrosa separazione tra la difesa dei diritti sociali e di quelli civili. Dobbiamo sapere che i diritti dei lavoratori sono oggi al centro di questo scontro, e se non riusciremo a ripristinarli, a imporne un nuovo rispetto, il prezzo sarà pagato da tutti. Anche da chi, oggi,si batte per per difendere il diritto alla propria sessualità, alle proprie scelte, alla libertà del proprio corpo.

Abbiamo scelto di chiamarci Sinistra e Libertà. Dobbiamo ricordare, a noi e a tutte e a tutti, che senza affrancamento dal bisogno, dal ricatto del precariato, dall’assenza di diritti sul lavoro, la parola Libertà è solo un simulacro.

Nichi Vendola