[dal blog di Nichi Vendola, un suo intervento diretto per l'Unità della Sinistra]
Nei giorni scorsi sono stati pubblicati due appelli a favore di una lista unitaria della sinistra per le prossime elezioni europee, sottoscritti da alcune delle personalità più specchiate e delle intelligenze migliori della sinistra italiana, a partire da Pietro Ingrao e da Rossana Rossanda. Con un articolo sul “manifesto”, Fausto Bertinotti si è schierato con grande determinazione a favore della stessa proposta.
Credo che i firmatari dei due appelli abbiano ragione. Bisognerebbe avere l’intelligenza politica, la lungimiranza e forse anche l’umiltà di dargli ascolto. Si avvicina una prova elettorale che minaccia di concludersi con una vittoria schiacciante, in tutto il continente, della destra.
Gli effetti di un simile esito sulla definizione delle strategie per fronteggiare la devastante crisi economica indotta dall’orgia neoliberista degli ultimi trent’anni sarebbero drammatici: diventerebbe assai più difficile opporsi al tentativo, già in corso, di trasformare la crisi in lucrosa occasione per gli stessi che l’hanno provocata, facendone ricadere per intero i costi sulle spalle delle fasce più deboli delle popolazioni europee.
In Italia l’eventualità di una definitiva scomparsa della sinistra dal quadro politico non è una spettrale minaccia: è già una concretissima probabilità. Divisa, lacerata dai conflitti interni, esposta alle sirene del richiamo identitario, la sinistra d’alternativa si avvia a confermare, come se nulla fosse, il disastroso risultato dell’aprile scorso. Un esito che non ha portato vantaggi neppure al Pd. La tregua firmata in quel partito dopo le dimissioni di Walter Veltroni, aldilà della sincera stima che nutro per Dario Franceschini, è fragilissima e non reggerà a lungo.
In questo quadro desolato ci sia sta abituando a considerare un ulteriore dilagare della destra berlusconiana e leghista come un fenomeno naturale al quale non ci si può opporre, di fronte al quale si può solo cercare un esile riparo nelle antiche capanne delle certezze identitarie. Come se non fosse tutta e solo nelle nostre mani la responsabilità di contrastare quell’inondazione, di frenare quella nefasta egemonia culturale, di mettere in campo un convincente progetto politico di sinistra, democratico e anticapitalista. Da subito. Dalle prossime elezioni europee.
Dobbiamo dare alla nostra gente, al nostro popolo, ai nostri elettori reali e potenziali, la possibilità di poter dire, con il voto, che la sinistra non deve sparire, che la Costituzione resta la base solida della nostra democrazia, che la crisi non può essere risolta facendone pagare i prezzi a chi li ha già severamente pagati, che il malessere diffuso non può essere affrontato con la cinica costruzione di sempre nuovi capri espiatori.
La soluzione che propone l’attuale direzione del Prc non è convincente e non è sufficiente. Radunare sotto un’unica lista “i comunisti” non è un’operazione unitaria: è la scelta di spaccare la sinistra esponendola, tutta, al rischio di essere esclusa, per la seconda volta in un anno, dalla rappresentanza politica. Invocare l’adesione al medesimo gruppo europeo come condizione imprescindibile per una lista unitaria è solo un alibi, e per di più tra i più fragili: non solo il Pdci, ma anche una parte sostanziale della maggioranza che guida il Prc non hanno mai aderito al progetto della Sinistra europea.
Per queste ragioni, come persona e come esponente del Movimento per la sinistra, mi metto a piena disposizione dei promotori dei due appelli, pronto a incontrarli e a incontrare i segretari di tutte le forze della sinistra, per esperire seriamente e senza alibi la possibilità di dar vita, subito, a un programma comune, tutt’altro che impraticabile, sulla base del quale costruire una lista comune per le elezioni europee. Questo ci chiede la nostra gente. Di questo ha bisogno la sinistra, in Italia e in Europa.
Nei giorni scorsi sono stati pubblicati due appelli a favore di una lista unitaria della sinistra per le prossime elezioni europee, sottoscritti da alcune delle personalità più specchiate e delle intelligenze migliori della sinistra italiana, a partire da Pietro Ingrao e da Rossana Rossanda. Con un articolo sul “manifesto”, Fausto Bertinotti si è schierato con grande determinazione a favore della stessa proposta.
Credo che i firmatari dei due appelli abbiano ragione. Bisognerebbe avere l’intelligenza politica, la lungimiranza e forse anche l’umiltà di dargli ascolto. Si avvicina una prova elettorale che minaccia di concludersi con una vittoria schiacciante, in tutto il continente, della destra.
Gli effetti di un simile esito sulla definizione delle strategie per fronteggiare la devastante crisi economica indotta dall’orgia neoliberista degli ultimi trent’anni sarebbero drammatici: diventerebbe assai più difficile opporsi al tentativo, già in corso, di trasformare la crisi in lucrosa occasione per gli stessi che l’hanno provocata, facendone ricadere per intero i costi sulle spalle delle fasce più deboli delle popolazioni europee.
In Italia l’eventualità di una definitiva scomparsa della sinistra dal quadro politico non è una spettrale minaccia: è già una concretissima probabilità. Divisa, lacerata dai conflitti interni, esposta alle sirene del richiamo identitario, la sinistra d’alternativa si avvia a confermare, come se nulla fosse, il disastroso risultato dell’aprile scorso. Un esito che non ha portato vantaggi neppure al Pd. La tregua firmata in quel partito dopo le dimissioni di Walter Veltroni, aldilà della sincera stima che nutro per Dario Franceschini, è fragilissima e non reggerà a lungo.
In questo quadro desolato ci sia sta abituando a considerare un ulteriore dilagare della destra berlusconiana e leghista come un fenomeno naturale al quale non ci si può opporre, di fronte al quale si può solo cercare un esile riparo nelle antiche capanne delle certezze identitarie. Come se non fosse tutta e solo nelle nostre mani la responsabilità di contrastare quell’inondazione, di frenare quella nefasta egemonia culturale, di mettere in campo un convincente progetto politico di sinistra, democratico e anticapitalista. Da subito. Dalle prossime elezioni europee.
Dobbiamo dare alla nostra gente, al nostro popolo, ai nostri elettori reali e potenziali, la possibilità di poter dire, con il voto, che la sinistra non deve sparire, che la Costituzione resta la base solida della nostra democrazia, che la crisi non può essere risolta facendone pagare i prezzi a chi li ha già severamente pagati, che il malessere diffuso non può essere affrontato con la cinica costruzione di sempre nuovi capri espiatori.
La soluzione che propone l’attuale direzione del Prc non è convincente e non è sufficiente. Radunare sotto un’unica lista “i comunisti” non è un’operazione unitaria: è la scelta di spaccare la sinistra esponendola, tutta, al rischio di essere esclusa, per la seconda volta in un anno, dalla rappresentanza politica. Invocare l’adesione al medesimo gruppo europeo come condizione imprescindibile per una lista unitaria è solo un alibi, e per di più tra i più fragili: non solo il Pdci, ma anche una parte sostanziale della maggioranza che guida il Prc non hanno mai aderito al progetto della Sinistra europea.
Per queste ragioni, come persona e come esponente del Movimento per la sinistra, mi metto a piena disposizione dei promotori dei due appelli, pronto a incontrarli e a incontrare i segretari di tutte le forze della sinistra, per esperire seriamente e senza alibi la possibilità di dar vita, subito, a un programma comune, tutt’altro che impraticabile, sulla base del quale costruire una lista comune per le elezioni europee. Questo ci chiede la nostra gente. Di questo ha bisogno la sinistra, in Italia e in Europa.
Nichi Vendola
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