sabato 28 febbraio 2009
giovedì 26 febbraio 2009
Ai firmatari dei due appelli...
Nei giorni scorsi sono stati pubblicati due appelli a favore di una lista unitaria della sinistra per le prossime elezioni europee, sottoscritti da alcune delle personalità più specchiate e delle intelligenze migliori della sinistra italiana, a partire da Pietro Ingrao e da Rossana Rossanda. Con un articolo sul “manifesto”, Fausto Bertinotti si è schierato con grande determinazione a favore della stessa proposta.
Credo che i firmatari dei due appelli abbiano ragione. Bisognerebbe avere l’intelligenza politica, la lungimiranza e forse anche l’umiltà di dargli ascolto. Si avvicina una prova elettorale che minaccia di concludersi con una vittoria schiacciante, in tutto il continente, della destra.
Gli effetti di un simile esito sulla definizione delle strategie per fronteggiare la devastante crisi economica indotta dall’orgia neoliberista degli ultimi trent’anni sarebbero drammatici: diventerebbe assai più difficile opporsi al tentativo, già in corso, di trasformare la crisi in lucrosa occasione per gli stessi che l’hanno provocata, facendone ricadere per intero i costi sulle spalle delle fasce più deboli delle popolazioni europee.
In Italia l’eventualità di una definitiva scomparsa della sinistra dal quadro politico non è una spettrale minaccia: è già una concretissima probabilità. Divisa, lacerata dai conflitti interni, esposta alle sirene del richiamo identitario, la sinistra d’alternativa si avvia a confermare, come se nulla fosse, il disastroso risultato dell’aprile scorso. Un esito che non ha portato vantaggi neppure al Pd. La tregua firmata in quel partito dopo le dimissioni di Walter Veltroni, aldilà della sincera stima che nutro per Dario Franceschini, è fragilissima e non reggerà a lungo.
In questo quadro desolato ci sia sta abituando a considerare un ulteriore dilagare della destra berlusconiana e leghista come un fenomeno naturale al quale non ci si può opporre, di fronte al quale si può solo cercare un esile riparo nelle antiche capanne delle certezze identitarie. Come se non fosse tutta e solo nelle nostre mani la responsabilità di contrastare quell’inondazione, di frenare quella nefasta egemonia culturale, di mettere in campo un convincente progetto politico di sinistra, democratico e anticapitalista. Da subito. Dalle prossime elezioni europee.
Dobbiamo dare alla nostra gente, al nostro popolo, ai nostri elettori reali e potenziali, la possibilità di poter dire, con il voto, che la sinistra non deve sparire, che la Costituzione resta la base solida della nostra democrazia, che la crisi non può essere risolta facendone pagare i prezzi a chi li ha già severamente pagati, che il malessere diffuso non può essere affrontato con la cinica costruzione di sempre nuovi capri espiatori.
La soluzione che propone l’attuale direzione del Prc non è convincente e non è sufficiente. Radunare sotto un’unica lista “i comunisti” non è un’operazione unitaria: è la scelta di spaccare la sinistra esponendola, tutta, al rischio di essere esclusa, per la seconda volta in un anno, dalla rappresentanza politica. Invocare l’adesione al medesimo gruppo europeo come condizione imprescindibile per una lista unitaria è solo un alibi, e per di più tra i più fragili: non solo il Pdci, ma anche una parte sostanziale della maggioranza che guida il Prc non hanno mai aderito al progetto della Sinistra europea.
Per queste ragioni, come persona e come esponente del Movimento per la sinistra, mi metto a piena disposizione dei promotori dei due appelli, pronto a incontrarli e a incontrare i segretari di tutte le forze della sinistra, per esperire seriamente e senza alibi la possibilità di dar vita, subito, a un programma comune, tutt’altro che impraticabile, sulla base del quale costruire una lista comune per le elezioni europee. Questo ci chiede la nostra gente. Di questo ha bisogno la sinistra, in Italia e in Europa.
mercoledì 25 febbraio 2009
Intervista a Nichi Vendola...
Nici Vendola, che cosa cambia, per la Sinistra che rappresenta, l’avvento di Franceschini alla guida del PD?
L’occultamento delle sconfitte, ultima delle quali in Sardegna, non poteva durare a lungo. Lo dico con rispetto per Veltroni, che ha abbandonato la segreteria con tanta dignità. Ma è evidente che rappresenta anche la sconfitta della sua teoria, cioè quella di un PD autosufficiente, capace un giorno di governare da solo, secondo un schema bipartitico. Franceschini è molto simpatico e intelligente, ma ciò che conta per noi non è la leadership, bensì il processo politico. Ci attendiamo che il partito non sia più neutrale nei confronti del conflitto sociale e sindacale in atto. È mai possibile restare sulle difensive quando il mondo è in crisi per colpa delle politiche neoliberiste e di destra degli anni passati?
Un PD non più autosufficiente, quindi anche vostro alleato?
Le alleanze non sono giocare a battaglia navale, con le caselle da riempire. Cominciamo a dialogare sui contenuti dell’opposizione in una società che sembra esprimere, come fenomeno più progressista, il Festival di Sanremo. Partiamo dai luoghi di un possibile incontro.
Ad esempio le amministrative?
Il livello locale è molto importante. Io ho vinto le elezioni con un’alleanza molto larga, che andava dai dc a Rifondazione, e in quattro anni sono riuscito ad andare d’accordo con tutti.
Quindi anche con l’Udc, magari in futuro a livello nazionale?
Non andremo a mettere cartelli di divieto di sosta alle forze politiche in una fase così movimentata. All’Udc bisogna guardare consapevoli delle differenze esistenti. Ma al tempo stesso, se si vuole vincere, è indispensabile cercare di aprire varchi nel blocco sociale di centrodestra dominato da Berlusconi. Per questo insisto: per ora guardiamo al livello locale. È lì che maturano le relazioni. Poi si vedrà.
Nel frattempo però ci saranno le europee.
Per Strasburgo dobbiamo rilanciare l’alleanza a Sinistra: se piuttosto che litigare e divergere per ragioni di bottega avessimo il coraggio di mettere insieme tutte le nostre forze faremmo un investimento sul futuro.
Superando lo sbarramento del 4 per cento, imposto dalla nuova legge?
Ferrero pensa a riunificare i comunisti. Sbaglia. C’è bisogno di una nuova Sinistra, il partito del ventunesimo secolo. E c’è bisogno di risollevarsi dal trauma costituito dalla nostra assenza nel Parlamento italiano. Rientrare in quello europeo potrebbe essere un segnale importante. Un evento che darebbe nuovo slancio all’opposizione. Stiamo attenti perché le generazioni future non cercheranno di capire chi aveva ragione al congresso di Chianciano Terme, ma perché i ragazzi di Nettuno andavano a bruciare gli immigrati senza fissa dimora.
Ancora sul nucleare in Italia...
Su un blog in cui si parla di questioni energetico-ambientali divampa la polemica e proliferano gli articolo (vedi qui ecoblog.it).
Da parte nostra non possiamo fare altro che esprimere il nostro disappunto per questa scelta del Governo, che, a nostro avviso avrebbe fatto meglio nel puntare ad una rivoluzione energetica verde, guardando al risparmio/efficienza energetica ed alle fonti rinnovabili.
Per chi fosse interessato ad approfondire questi temi suggeriamo di vedere il rapporto stilato da GreeanPeace (supportata da scienziati di primo livello) sulla praticabile scelta della rivoluzione energetica (vedi qui una prima sintetica brochure).
- Nucleare: il grande rifiuto della Puglia. Vendola: trapassato remoto, i Sindaci del Salento, già dato, girate al largo (articolo di giornale)
-Mercedes Bresso: "Non vogliamo il nucleare in Piemonte". E chiede un nuovo referendum
martedì 24 febbraio 2009
Per la Sinistra...
Per una lista unica alle europee...
Chiediamo a tutti i partiti della sinistra esclusi dal Parlamento nazionale di compiere un gesto costruttivo di protesta democratica accantonando le divisioni politiche e unendosi in una lista unica per le elezioni europee allo scopo di superare la soglia di sbarramento e portare nel Parlamento di Strasburgo le voci di una vasta e articolata area sociale e culturale di sinistra.
A. Alinovi, F. Barra, E. Bartocci , G. Benvenuto, F. Besostri, P. Boni, L. Cafagna, E. Cheli, G. Chiarante, F. Coccia, F. Coen, G. De Martino, P. Di Siena, V. Emiliani, G. Fanti, L. Ferraioli, G. Ferrara, M. Ferri, R. Giacomino, G. Giugno, A. Grandi, B. Gravagnuolo, A. Isinelli, M. T. Lodi, E. Macaluso, G. Mele, G. Melilla, V. Parlato, G. Pasquino, G. Patta, C. Ravaioli, T. Rinaldini, A. M. Riviello, E. Salvato, C. Salvi, C. Scivoletto, M. Stumpo, G. Talamo, G. Tamburrano, A. Tortorella, G. Vassalli, G. Vigilante, M. Villone, E. Zacheo
Per un lista unica della sinistraLa democrazia italiana è in pericolo. La legge sulla sicurezza voluta dalla maggioranza ha privato dei diritti fondamentali più elementari - salute, alloggio, ricongiungimenti familiari, rimesse alle famiglie dei loro guadagni - migliaia di stranieri che vivono e lavorano in Italia. Sta per essere varato un federalismo che dividerà l'Italia tra regioni ricche e povere, rompendo il patto costituzionale dell'uguaglianza su cui si è retta finora l'unità della Repubblica. Nel pieno di una crisi economica senza precedenti, il governo ha perseguito la rottura dell'unità sindacale e l'emarginazione del sindacato più rappresentativo. Di fronte alla gravità dell'emergenza ambiente il Presidente del Consiglio ha tentato di ostacolare l'iniziativa dell'Europa. Strumentalizzando l'emozione per il dramma di Eluana Englaro, il Presidente del Consiglio ha aperto uno scontro istituzionale con la magistratura e con il Presidente della Repubblica; ha provocato una spaccatura del paese sui temi della laicità dello Stato, della dignità della persona e della sua autodeterminazione; ha tentato di rompere gli equilibri istituzionali, minacciando di rivolgersi direttamente al popolo per cambiare la Costituzione qualora non sia riconosciuto il suo potere illimitato e incontrollato quale incarnazione della volontà popolare. Paura, razzismo, odio per i diversi, disprezzo per i deboli, infine, sono i veleni quotidianamente iniettati nella società dalle politiche e dalla propaganda del governo quali fonti inesauribili di consenso.Una simile emergenza costituzionale rende insensate le attuali divisioni della sinistra, che rischiano, in presenza dello sbarramento del 4% alle prossime elezioni, di provocarne la definitiva irrilevanza. C'è d'altro canto uno specifico fattore di crisi della democrazia che, congiuntamente alle vocazioni populiste dell'attuale maggioranza, sta determinando il collasso della democrazia rappresentativa: la crescente occupazione delle istituzioni pubbliche da parte dei partiti e la sostanziale confusione dei secondi con le prime. Ne è conseguita la trasformazione dei partiti, da luoghi di aggregazione sociale e di elaborazione dal basso di programmi e di scelte politiche, in costose oligarchie costantemente esposte alla corruzione e al malaffare. Solo l'introduzione di una rigida incompatibilità tra cariche di partito e cariche istituzionali, cioè tra rappresentati e rappresentanti, sarebbe forse in grado di restaurare la distinzione e il rapporto di rappresentanza e di responsabilità dei secondi rispetto ai primi, e così di restituire i partiti, quali organi della società anziché dello Stato, al loro ruolo costituzionale di strumenti della partecipazione dei cittadini alla vita politica.Le prossime elezioni del Parlamento europeo offrono alle forze disgregate della sinistra un'occasione irripetibile per mettere in atto questo principio e, insieme, una prospettiva di superamento delle loro attuali divisioni. Non si tratta di concordare alleanze, o coalizioni o fusioni di gruppi dirigenti. Si tratta, più semplicemente ma più efficacemente, di dar vita a una lista unica della sinistra, Per la democrazia, dalla quale restino esclusi i dirigenti dei partiti, che pure sono invitati a promuoverla insieme al più ampio arco di forze e movimenti della società civile. Una simile lista varrebbe a dare voce e rappresentanza a un'ampia fascia di elettori - non meno del 10% dell'elettorato - che non si riconoscono nel Pd e neppure nei tanti frammenti alla sua sinistra, dalle cui rivalità interne e dalle cui competizioni e rivendicazioni identitarie risulterebbe tuttavia al riparo. E, soprattutto, essa varrebbe - in un momento come l'attuale, di pericolosa deriva populista, razzista, autoritaria e anticostituzionale del nostro sistema politico - a riaffermare, nel nostro paese, l'esistenza di una forza democratica e di sinistra, intransigente nella difesa della Costituzione e dei suoi valori di uguaglianza, di libertà e di solidarietà.
domenica 22 febbraio 2009
Il Caso Mills-Berlusconi e l'indifferenza degli italiani...
Molte testate tendono a commettere un errore di prospettiva: ragionando sulla base di quello che succederebbe nel loro paese, immaginano che questo episodio nuocerà molto al Cavaliere. El Pais, ad esempio, sostiene che “la sentenza getta un’ombra inquietante sui comportamenti giudiziari del Cavaliere”. Negli USA, Il Washington Post e il Financial Times affermano che “la condanna crea imbarazzo politico per Berlusconi”.
Il Times inglese addirittura si immagina che questa condanna “indiretta” per il premier possa mettere in forse la sua aspirazione a diventare il prossimo Presidente della Repubblica. Altre testate invece dimostrano invece di conoscere meglio il nostro paese, e puntano il dito contro l’”indifferenza” degli italiani.
Sempre nel Regno Unito ad esempio, il sito della BBC titola: “L’Italia indifferente al processo per corruzione di Berlusconi”, e racconta:
Immaginate la stessa situazione in altri paesi, dove il capo di un Governo è coinvolto in un’enorme truffa per corruzione. Non ci si potrebbe neanche muovere fuori dal tribunale a causa dei microfoni e degli obiettivi delle telecamere. Ma non in Italia. Qui la maggioranza degli italiani è silenziosamente rassegnata a vedere il loro capo muoversi ai confini della legalità; una bufera ogni tanto mostra solo che è umano. È persino una caratteristica della sua personalità eccentrica.
Ma quali sono le ragioni di questa inspiegabile indifferenza degli italiani? Le ipotesi si sprecano: alcuni, come il Seattle Post Intelligencer, sostengono, forse un po’ ingenuamente che gli italiani sono troppo “preoccupati per la crisi economica“. Altri, come la polacca Gazeta Wyborcza sono meno indulgenti e affermano che “i sostenitori di Berlusconi, o credono nel complotto dei giudici di sinistra o - forse più spesso - ritengono la corruzione un’abilità pregevole, senza la quale sarebbe difficile rimanere nel mondo degli affari italiano”.
E’ l’autorevole New York Times ad offrire l’analisi più lucida: dopo aver rilevato con stupore che “in Italia, la sentenza non era nemmeno una delle notizie principali al telegiornale della sera”, il quotidiano americano constata che “più Berlusconi sfrutta il sistema a suo vantaggio, più gli italiani sembrano ammirarlo” e punta il dito contro “una specie di condiscendenza cattolica, per la quale è accettato che gli esseri umani sono peccatori”.
Chi ci va giù pesante è invece l’olandese de Volkskrant, che titola sarcasticamente “Silvio si sarà fatto grasse risate davanti allo specchio”, e poi si scusa per aver previsto, in un articolo precedente, che la condanna avrebbe messo in difficoltà il premier. Scrive infatti Eric Arends:
Temo di essermi lasciato guidare troppo dall’andamento delle cose che caratterizza una normale democrazia. L’ho scritto perché in una democrazia è consueto che in casi di questo genere il premier finisca ”in grande imbarazzo” – persino qualora una legge lo protegga da procedimenti giudiziari. In una normale democrazia la gente ne parlerebbe scandalizzata. I giornalisti metterebbero il premier in seria difficoltà con domande scottanti, se il ministro non si fosse già dimesso di propria volontà.
In Italia questo genere di ovvie reazioni è inverosimile. L’ANSA ha rimosso dal suo sito internet la notizia della condanna di Mills già la sera stessa. Il telegiornale del primo canale italiano ha riportato la notizia solo dopo 19 minuti. L’argomento è durato esattamente un minuto. Il notiziario dell’emittente di Berlusconi “Rete 4″ ha completamente ignorato il tema.
Secondo voi, qual’è la vera ragione di una tale diversità di reazione tra gli italiani e gli abitanti degli altri paesi occidentali?
sabato 21 febbraio 2009
Democrazia in pericolo: appello per la lista unica della Sinistra...
La democrazia italiana è in pericolo. La legge sulla sicurezza voluta dalla maggioranza ha privato dei diritti fondamentali più elementari - alla salute, all'alloggio, ai ricongiungimenti familiari, alle rimesse alle famiglie dei loro guadagni - centinaia di migliaia di stranieri che vivono e lavorano in Italia. Sta per essere varato un federalismo che dividerà l'Italia tra regioni ricche e regioni povere, rompendo, di fatto, il patto costituzionale dell'uguaglianza sul quale si è retta fino ad oggi l'unità della Repubblica. Nel pieno di una crisi economica, la cui gravità non ha precedenti, il governo ha perseguito la rottura dell'unità sindacale e l'emarginazione del sindacato più rappresentativo. Strumentalizzando l'emozione per il dramma di Eluana Englaro, il Presidente del Consiglio ha aperto uno scontro istituzionale con la magistratura e con il Presidente della Repubblica; ha provocato una spaccatura del paese sui temi della laicità dello Stato, della dignità della persona e della sua autodeterminazione; ha tentato di rompere gli equilibri istituzionali, minacciando di rivolgersi direttamente al popolo per cambiare la Costituzione qualora non sia riconosciuto il suo potere illimitato e incontrollato quale incarnazione della volontà popolare. Paura, razzismo, odio per i diversi, disprezzo per i deboli, infine, sono i veleni quotidianamente iniettati nella società dalle politiche e dalla propaganda del governo quali fonti inesauribili di consenso.
Una simile emergenza costituzionale rende insensate le attuali divisioni della sinistra, le quali rischiano, in presenza dell'attuale sbarramento del 4% alle prossime elezioni, di provocarne la definitiva irrilevanza. C'è d'altro canto uno specifico fattore di crisi della democrazia che, congiuntamente alle vocazioni populiste dell'attuale maggioranza, sta determinando il collasso della democrazia rappresentativa: la crescente occupazione delle istituzioni pubbliche da parte dei partiti e la sostanziale confusione dei secondi con le prime. Ne è conseguita la trasformazione dei partiti, da luoghi di aggregazione sociale e di elaborazione dal basso di programmi e di scelte politiche, in costose oligarchie costantemente esposte alla corruzione e al malaffare. Solo l'introduzione, purtroppo inverosimile, di una rigida incompatibilità tra cariche di partito e cariche istituzionali, cioè tra rappresentati e rappresentanti, sarebbe forse in grado di restaurare la distinzione e, con essa, il rapporto di rappresentanza e di responsabilità dei secondi rispetto ai primi, e così di restituire i partiti, quali organi della società anziché dello Stato, al loro ruolo costituzionale di strumenti della partecipazione dei cittadini alla vita politica.
Le prossime elezioni del Parlamento europeo offrono tuttavia alle forze disgregate della sinistra un'occasione irripetibile per mettere in atto questo principio e, insieme, una prospettiva di superamento delle loro attuali divisioni. Non si tratta di concordare alleanze, o coalizioni o fusioni di gruppo dirigenti. Si tratta di chiedere ai partiti della sinistra di rinunciare a presentare proprie liste e, più semplicemente ma ben più efficacemente, costruire una lista unitaria della sinistra, "Per la democrazia", dalla quale restino esclusi i dirigenti dei partiti, che pure sono invitati a promuoverla insieme al più ampio arco di forze e movimenti della società civile. Una simile lista varrebbe a dare voce e rappresentanza ad un'ampia fascia di elettori - non meno del 10% dell'elettorato - che non si riconoscono nel Partito democratico e neppure nei tanti frammenti alla sua sinistra, dalle cui rivalità interne e dalle cui competizioni e rivendicazioni identitarie risulterebbe tuttavia al riparo. E, soprattutto, essa varrebbe - in un momento come l'attuale, di pericolosa deriva populista, razzista, autoritaria e anticostituzionale del nostro sistema politico - a riaffermare, nel nostro paese, l'esistenza di una forza democratica e di sinistra, intransigente nella difesa della Costituzione e dei suoi valori di uguaglianza, di libertà e di solidarietà.
Mario Agostinelli, Alessandra Algostino, Umberto Allegretti, Gaetano Azzariti, Pasquale Beneduce, Maria Luisa Boccia, Michelangelo Bovero, Paolo Cacciari, Lorenza Carlassarre, Bruno Cartosio, Luciana Castellina, Marcello Cini, Maria Rosa Cutrufelli, Giorgio Dal Fiume, Claudio De Fiores, Donatella della Porta, Ornella De Zordo, Alfonso Di Giovine, Peppino Di Lello, Piero Di Siena, Mario Dogliani, Angelo D'Orsi, Ester Fano, Luigi Ferrajoli, Gianni Ferrara, Pino Ferraris, Lia Fubini, Luciano Gallino, Francesco Garibaldo, Paul Ginzburg, Marina Graziosi, Pietro Ingrao, Cristiano Lucchi, Giulio Marcon, Alfio Mastropaolo, Tecla Mazzarese, Roberto Musacchio, Alberto Olivetti, Guido Ortona, Valentino Parlato, Valentina Pazzè, Mario Pianta, Tamar Pitch, Bianca Pomeranzi, Alessandro Portelli, Enrico Pugliese, Carla Ravaioli, Rossana Rossanda, Cesare Salvi, Francesco Scacciati, Pierluigi Sullo, Ermanno Vitale, Aldo Tortorella, Danolo Zolo, Grazia Zuffa
I giovani operai pensano più alla coca che alla Fiom...
Da "Repubblica" del 21/02/2009, di Donatella Alfonso
Si riempie la sala del Cral dei portuali a San Benigno, aspettando Nichi Vendola, governatore della Puglia, che gira l' Italia incontrando i suoi "costituenti" per la sinistra. Con idee precise per recuperare spazi e senza illusioni: anche quella che i giovani operai, insidiati dalla precarietà e dal rischio di incidenti sul lavoro, pensino a stordirsi piuttosto che alla politica.
«Non c' è più Cipputi, un ragazzo operaio, adesso che nelle fabbriche non c' è più chi ti prende per mano e ti dà la sicurezza di chi sei e come lavori, con i rischi che corre è più facile che pensi alla sniffata di cocaina che alla Fiom».
Vendola, la giunta di Genova insiste sulla sicurezza, con iniziative che prevedono anche il braccialetto elettronico. E' giusto? «No. La destra è una grande fabbrica di paura, strumento che divide i corpi sociali, e nel nome della paura si può anche far rompere il giuramento di Ippocrate. Persone bruciate, barboni schedati, immigrati controllati negli ospedali e partiti polverizzati; sono saltati i fondamentali della convivenza politica e sociale del paese».
Quale rischio si corre puntando sul senso di insicurezza? «La sinistra cerca di essere cattiva con un po' di buonsenso. O si sanno costruire dei programmi, o perché gli elettori dovrebbero prendersi la fotocopia della destra piuttosto che l' originale?».
La crisi del Pd aiuta la sinistra? «No, non ci dà consensi, ma rischia di portare ancora più a destra l' asse del paese. Sono due le immagini della catastrofe: la sconfitta di Soru, uno dei migliori governatori mai eletti in Italia, e il dilagare della violenza contro il 'diverso' , causata dalla fabbrica della paura fomentata dalla destra I consensi li possiamo raccogliere sfruttando la capacità di stare in campo. Le dimissioni di Veltroni e la sconfitta di Soru manifestano la crisi di un progetto e il rischio d' implosione di un importante partito. Ma nessun consenso si sposterà di riflesso alla sinistra radicale. Nel momento più alto della crisi della globalizzazione a tutti serve un bagno d' umiltà, lavoro e soprattutto, unità».
Europee e amministrative. Cosa farete, anche in Liguria? «Noi puntiamo a incoraggiare le esperienze nelle città, con intese il più larghe possibile. ma soprattutto, avere idee di realtà, non parlare tanto di politica quanto di cose concrete, dei territori, delle persone. L' idea dell' Arcobaleno era giusta, era sbagliato un partito costruito dai vertici. Giusta è l' innovazione; non si vive ubriacandosi di mitologie del passato, siamo terminali dei problemi del presente».
Si riparte dal lavoro, dalle fabbriche? «Bisogna ripartire pancia a terra e ritrovare la capacità di ascolto, ma non pensiamo alle fabbriche di un tempo e a cosa significava la classe operaia. Non c' è più Cipputi, e un ragazzo operaio, nelle condizioni di lavoro in cui si trova, è più facile che pensi alla sniffata di cocaina che alla Fiom. E' cambiato un mondo, comprendiamolo e non viviamo di nostalgie».
martedì 17 febbraio 2009
L'appello dopo il disastro in Sardegna...
"L’esito delle elezioni in Sardegna è drammatico ancor più di quanto non appaia a prima vista. Si rafforza l’egemonia delle destre e le conseguenze della offensiva berlusconiana verranno pagate duramente dalle fasce più povere e svantaggiate della popolazione italiana e immigrata. La crisi del Pd è ormai profondissima, senza però che nessuna delle forze della sinistra ne tragga alcun vantaggio. Di fronte a questo disastro sarebbe folle insistere in logiche politiciste di piccolo cabotaggio, concentrarsi sul calcolo meschino oltre che effimero delle proprie percentuali e dei propri eventuali piccoli vantaggi.
Io chiedo a tutti, a tutte le forze della sinistra, di fare un passo indietro, di anteporre le esigenze del resistere e dell’esistere ai propri egoismi e alla ricerca dei propri vantaggi. In gioco c’è molto di più, in gioco c’è qualcosa che non riguarda solo le forze politiche, ma tutta la nostra gente. Per questo torniamo a proporre con massima forza e decisione l’urgenza di trovare un minimo comun denominatore capace di unire in una sola lista tutte le forze della sinistra."
sabato 14 febbraio 2009
Alla Piazza del 13 febbraio non serve una Sinistra testimoniale e ininfluente...
Perché questa, e non altra, è la posta in gioco nella partita dell'accordo separato: è qui che si deciderà se a uscire ulteriormente rafforzati dalla crisi saranno gli stessi che l'hanno provocata o se alla fine del tunnel si aprirà lo sbocco per una politica economica radicalmente diversa da quella che ha flagellato, sotto i nomi discreti di “globalizzazione” e “finanziarizzazione”, il pianeta intero per decenni.
Non è una partita che riguardi solo i metalmeccanici o i lavoratori del pubblico impiego. E' una partita generale. Come lo sciopero di ieri.
Ma per chi, come noi, è impegnato nel difficile compito di dar vita a una forza della sinistra che non sia nuova solo nel nome, lo sciopero di ieri vuol dire qualcosa in più. Ci consegna un'indicazione che sarebbe criminoso disattendere, perché le nostre radici affondano proprio lì, nella piazza stracolma e nelle fabbriche vuote di ieri. Una forza di sinistra deve essere capace di dar voce al lavoro, a quello che si finge stabile a quelle precario, a quello dipendente e a quello mascherato da lavoro autonomo ma altrettanto sfruttato: il grande rimosso della società berlusconiana. Ma una sinistra davvero in grado di fronteggiate questi tempi deve anche essere pronta a raccogliere le istanze di democrazia reale, di partecipazione diretta, di innovazione nelle forme della rappresentanza che percorrevano la manifestazione di ieri come percorrono da mesi e da anni ogni momento di mobilitazione, ogni movimento, ogni conflitto sociale.
E' la strada diametralmente opposta a quella dell'accordo separato quella che dobbiamo percorrere. Lì una brutale limitazione del diritto di sciopero, in pieno spregio della Costituzione, l'imposizione arrogante di una drastica limitazione della rappresentanza sociale. Qui la restituzione del potere decisionale a tutte e a tutti, a ciascuna e ciascuno. La sfida per la costruzione di un nuovo soggetto che intenda mettere in campo non un ennesimo altro partito ma un'altra sinistra è tutta qui.
Ma qualcosa di importante, ieri, non lo hanno detto solo le presenza in piazza. Altrettanto eloquenti sono state le assenze. L'assenza del Pd, fatti salve alcune presenze individuali che, pur importanti, non potevano compensare la defezione del principale partito dell'opposizione, il Pd. Ma anche quella dell'Idv, il partito che cinicamente cerca di lucrare sulla crisi della sinistra politica, salvo scomparire e ammutolirsi ogni volta che entra in ballo il conflitto sociale.
Non c'era il Pd in piazza ieri, come non c'è mai stato davvero nella lotta contro l'accordo separato, troppo diviso al proprio interno per osare una presa di posizione netta. E non c'era Di Pietro. Nell'Italia del dopo 14 aprile, significa che a fianco della lavoratrici e dei lavoratori, ieri, non c'era nessuna forza d'opposizione in Parlamento. Nell'Italia di oggi, significa che le fasce sociali già più deprivate, i lavoratori dipendenti, i precari, i disoccupati, sono seccamente prive di rappresentanza politica. Sanare questa ferita politica e sociale prima che si cronicizzi, ma senza arrendersi alle sirene di una rappresentanza solo testimoniale, ininfluente e perciò tanto più gradita ai potenti, deve essere il primo obiettivo del Movimento per la Sinistra. Da subito. Dalle prossime elezioni europee e amministrative.
Per questo siamo usciti da un Prc prigioniero delle sue derive identitarie e delle due impotenti nostalgie. Per questo siamo alternativi a un Pd vittima del suo stesso moderatismo, della sua incapacità di schierarsi, di un interclassismo degenerato in ignavia.
E per questo, da oggi, diamo vita a un sito rinnovato e enormemente arricchito, che ha l'ambizione di collaborare alla costruzione del nuovo soggetto della sinistra italiana con un organo di informazione e dibattito quanto più orizzontale, democratico e partecipato possibile. Uno dei cantieri in cui reinventare la sinistra politica e sociale, ma non certo l'ultimo per importanza e ricchezza di prospettive.
mercoledì 11 febbraio 2009
Cariche contro gli Operai... La Sinistra reagisca!
Lo avevamo annunciato. È accaduto. Stamani intorno alle 5.40 i carabinieri in tenuta antisommossa si sono presentati ai cancelli della Innse, alla testa del gruppo Silvano Genta, il proprietario dell'azienda milanese che un anno fa ha chiuso la propria produzione licenziando 50 operai, in coda la polizia. Da oltre 9 mesi gli operai della fabbrica metalmeccanica resistono allo sgombero dei macchinari per salvaguardare un posto di lavoro reale, la continuità produttiva, il rifiuto della chiusura della fabbrica che ha un indotto e che, in questa crisi economica italiana e mondiale, vale più dell'oro. Chiedono di lavorare, ottengono cariche e manganellate. C'è davvero di che preoccuparsi, se sono queste le misure che il centrodestra al governo a Roma e a Milano ha deciso di mettere in campo di fronte al precipitare della crisi economica e delle sue gravi conseguenze sull'occupazione e sulla vita di milioni di lavoratori.
Eppure l'azienda è sanissima, come tutti sanno benissimo perché gli operai lo hanno spiegato e dimostrato durante la loro lunga lotta esemplare. Si era fatto avanti anche un compratore, (l'imprenditore Ormi, da Brescia, con un pacchetto di commesse per i prossimi due o tre anni, ndr) ma si vuole chiudere l'attività per finalità puramente speculative.
Questa della Innse, infatti, è una storia di speculazione, di crisi economica e di una mutata strategia politica. La Innse non ha i conti in rosso, non è stretta dai creditori. È solo che il suo padrone, Genta appunto, ha deciso semplicemente di smantellare la produzione. Eppure la fabbrichetta lui l'ha pagata solo 750 mila euro, quanto un appartamento in centro città. L'ha comprata nel 2006 a prezzi stracciati, grazie alla procedura di amministrazione straordinaria, ma anche con l'impegno di rilanciare l'azienda. Da mesi non paga l'affitto dei terreni, di proprietà di un'altra società sull'orlo del fallimento. L'affare economico è allettante: c'è l'Expo che incalza. Ed è pronta una speculazione immobiliare. A giugno dello scorso anno Genta decide di licenziare gli operai con un telegramma. Le porte della fabbrica vengono chiuse con i lucchetti si avvia la cassa integrazione. Che dura fino a settembre. I lavoratori hanno sempre continuato a lavorare in autogestione fino a quando hanno messo sotto sequestro l'area ad ottobre, momento in cui hanno iniziato il presidio. Senza stipendio i 50 operai hanno chiesto alle istituzioni locali la cessione dell'azienda. Gli imprenditori c'erano, non la volontà. (Continua qui...)
martedì 10 febbraio 2009
lunedì 9 febbraio 2009
Questo è un bel partire...
Buona lettura.
- Europee: Vendola, "Non mi candido, volti nuovi in lista";
- Vendola lancia MpS: "Ma non mi candido alle europee";
- MpS, è nata la stella rossa di Vendola.
sabato 7 febbraio 2009
Caso "Englaro": scontro politico ed istituzionale (purtroppo)...
Lo Stato, non quello di diritto ma quello proprietario val bene qualche compromesso sottobanco con la Lega e con il Vaticano e poco importa se per restare in sella si deve calpestare la Costituzione. È quello che nel suo intimo, pensa Silvio Berlusconi che, per mettere in salvo il suo esecutivo dalle fibrillazioni interne ha accontentato la Lega nord nella sua smania giustizialista contro gli immigrati facendo approvare dal Senato in quattro e quattr'otto un disegno di legge xenofobo e repressivo. E, in cambio dell'accondiscendenza dell'oltre Tevere ha barattato lo Stato di diritto con l'accanimento terapeutico mascherato da "difesa della vita" di un corpo costretto a vegetare.
Perché di questo scambio si tratta e perché per mantenere questo simulacro di democrazia eterodiretta tra Casa Arcore e Via della Conciliazione il premier in carica non ha esitato ad aprire un conflitto senza eguali dalla nascita della Repubblica Italiana tra potere Esecutivo, Capo dello Stato, Magistratura e Parlamento.
L'antefatto lo conosciamo tutti: il corpo di Eluana giace su un lettino a Udine, nella clinica la Quiete e oggi i medici si apprestano a iniziare quella lenta procedura che porterà a staccare la spina fra circa una settimana. Ci sono voluti anni di battaglie condotte dalla famiglia Englaro per veder rispettate le volontà di quella giovane donna; tre gradi di giudizio da parte della magistratura; mentre imperversava la polemica nel paese e il parlamento si arenava non riuscendo a partorire un testo di legge condiviso.
Poi, la boutade del decreto legge governativo. Una firma sotto tre righe di testo che vietano di sospendere l'alimentazione e l'idratazione. E la minaccia che se il decreto non passa allora si "forzerà" il Parlamento e financo la Costituzione.
Eppure, il presidente Napolitano aveva speso tute le sue parole per chiedere una legge condivisa su un tema, quello del testamento biologico, che attiene alle sensibilità di ogni singolo individuo, perché tratta di vita e di morte, di libertà e di dignità della persona, di fede e di scienza. Si era spinto fino all'estremo gesto di scrivere nero su bianco una lunga lettera che spiegava al Consiglio dei ministri il perché e il percome delle fondamenta della Carta costituzionale italiana, dello spirito democratico e del principio ineludibile della divisione dei poteri. Tutto per evitare un confronto - scontro la governo e Quirinale, soprattutto quando il paese si trova ad affrontare una crisi economica e sociale senza precedenti. Tutto vano.
Napolitano si è visto strattonare, sbattere la porta in faccia, richiamare all'obbedienza dal "manager" Silvio che non sopporta di non essere accontentato. Ma il Quirinale non risponde all'uomo politico né tantomeno al manager. Risponde alla Costituzione e alla democrazia. E quel decreto, il presidente della Repubblica non lo può firmare perché mancano i requisiti della necessità e urgenza e perché la giustizia si è già espressa al riguardo con il suo massimo organo. (Continua qui...)
La Sinistra inclusiva...
Dibattito Diverse esperienze stanno camminando insieme per una aggregazione politica che vuole cambiare i rapporti di forza e che, sulle questioni citate per esempio, sta con la Cgil, per l'autodeterminazione, per l'economia verde e disarmata, per una politica diffusa e disinteressata. L'esperienza di Firenze.
Prendiamo alcune questioni dell'attualità politica: la contrarietà all'accordo sindacale separato, cioè il lavoro come diritto e non variabile della produttività aziendale; il caso Englaro, cioè l'autodeterminazione compresa la fine della vita con dignità, il New Deal ecologico e del disarmo, cioè l' era di Obama, un modo di fare politica trasparente, cioè la questione morale.
Nel sistema dei partiti in Italia oggi non c'è chi le rappresenta insieme con coerenza ed efficacia. Non il PD più filo CISL e UIL, ricattato dai teo/dem, suggestionato dal nucleare, al centro di casi di deplorevole uso del potere. Non IDV in cui è assente la questione del lavoro e son presenti tentazioni sicuritarie. Né, RC che pur avendo una tensione positiva verso questi temi, li riporta entro una dimensione ideologica che ne delimita l'ambito di propagazione e di contaminazione.
Qui, sta il primo paradosso che porta tanta sinistra a votare per un partito moderato o per chi sottovaluta la questione lavoro, e un'altra parte, piccola, a cristallizzarsi in una sorta di vocazione minoritaria.
Manca, nel nostro paese, un soggetto di sinistra critico e influente nella società, nei poteri nelle vite soprattutto quella degli esclusi.
Avviene quando, e questo è l' altro paradosso, i dogmi del liberismo svaniscono nelle bolle speculative acuendo ora e per le future generazioni inaccettabili diseguaglianze.
Allora, ciò che si sta muovendo in questi mesi e, soprattutto in questi giorni a sinistra, è importante perché ha il segno di volere rompere un status quo di impotenza. SD è nata per questo, così le altre componenti del PDCI e di RC. Diverse esperienze stanno camminando insieme per una aggregazione politica che vuole cambiare i rapporti di forza e che, sulle questioni citate per esempio, sta con la cgil, per l'autodeterminazione, per l'economia verde e disarmata, per una politica diffusa e disinteressata. Una forza che mentre deve costruire la propria autonomia si trova a fare i conti con scadenze elettorali.
A Firenze la decisione della nascente "Sinistra" di far parte di una coalizione scaturisce da una doppia responsabilità: dare all'elettorato di sinistra un'opzione libera dal ricatto del voto utile; non rischiare di consegnare la città alla destra puntando,pregiudizialmente, sull'occasione salvifica del secondo turno, dall'esito incerto per l'arroganza del PD che giocherebbe contro di noi l'accusa di disfattismo. E' una responsabilità verso la "Firenze migliore", e per noi la contesa delle primarie è l'occasione per calcare il nostro autonomo profilo, racchiuso in poche parole: primato del'interesse generale sempre a partire dalle scelte urbanistiche, aumento di servizi collettivi per rendere operativi i diritti di cittadinanza e affermare solidarietà e accoglienza, metodo di governo fondato sulla partecipazione vera, l'attenzione al conflitto. (Continua qui...)
venerdì 6 febbraio 2009
Nuovo Partito Anticapitalista... in Francia...
La Lega comunista rivoluzionaria (Lcr), d'ispirazione trotzkista, si scioglierà per dare vita al Nuovo partito anticapitalista (Npa). Il congresso di uno dei gruppi storici dell'estrema sinistra francese è stato fissato alla fine della prossima settimana. Da "partito della rivoluzione", quale era la Lcr, a partito ''delle lotte e della resistenza'', quale sara' il Npa: una mutazione voluta da Olivier Besancenot, portavoce della vecchia formazione, che sarà leader anche del nuovo partito.
Articolo scritto da Roberto Musacchio [tratto da rifondazioneperlasinistra.it]
Tornando domenica dal Forum sociale di Belem, ho avuto modo di leggere su Le Monde due pagine dedicate alla nascita del Nuovo Partito Anticapitalista, il nuovo soggetto che prende il via in Francia concludendo l'esperienza lunghissima della Lega Comunista Rivoluzionaria (LCR). L'attenzione di Le Monde, così ampia, è frutto di più fattori.
Certamente c'è una serietà della stampa francese, attenta alle culture politiche. C'è poi il rispetto per la storia politica e intellettuale della LCR. Ma c'è soprattutto l'attenzione a un personaggio che ha saputo conquistare uno spazio significativo: Olivier Besancenot. Avevo seguito negli anni scorsi due congressi della LCR in cui era stato posto il tema dl cambio di nome. La discussione era stata assai interessante su come, finito lo scontro con lo stalinismo, non si doveva più presidiare il nome comunista e occorreva invece affrontare il tema delle nuove contraddizioni e delle nuove soggettività, dal femminismo all'ecologismo, naturalmente in senso fortemente anticapitalista.
Erano gli anni di un rapporto forte tra Rifondazione e LCR, con il lavoro di avvicinamento anche in ambito europeo.
Poi le strade si sono allontanate, ma è rimasta in me una forte curiosità per l'esito della riflessione della LCR. Naturalmente occorrerà approfondire ciò che viene messo in campo con il nuovo soggetto, ma a le pare di capire che non siamo più al cambio di nome della LCR.
Siamo a un nuovo soggetto che si fonda su un anticapitalismo dal basso e in nome del basso e che considera del tutto servile la politica e dunque rompe con ogni residuo di "disciplina repubblicana" (convergenza contro le destre) ma lascia anche ben poco spazio a politiche di unità della sinistra alternativa.
Ma qui, mi sembra allora, l'abbandono del nome comunista acquisisce un significato diverso da quando fu posto all'inizio. L'impianto"populista" dell'anticapitalismo chiede questa uscita da identità ideologiche " forti".E Besancenot è forte di sondaggi che danno il suo gradimento potenziale esponenzialmente più alto di quello della identità riferibile alla vecchia LCR. Dunque un percorso in mare aperto, interessante da seguire. Noi abbiamo vissuto con la rifondazione di Bertinotti il tentativo di ricostruire una diversa gerarchia tra sociale e politico, di rompere la dipendenza dall'unità a sinistra riflettendo sulle due sinistre, facendo di ciò l'asse della rifondazione della nostra identità comunista.
Siamo arrivati sino a un certo punto dovendo poi tematizzare la nostra non autosufficenza nel processo. La rifondazione attuale sceglie uno strano mix "opportunista", tra populismo e restaurazione ideologica che mi appare speculare alla scelta di relazione tra populismo e totale fuoriuscita ideologica che, sempre a mio avviso, viene dalla LCR in forme però almeno non opportuniste. Resto convinto che la strada sia oggi quella, che ci proponiamo con il movimento per la Sinistra, di rifondare le categorie e le pratiche della trasformazione, in chiave non populista, in nesso invece con la rifondazione dell'idea della sinistra.
"Parti de Gauche"...
“Ci dicono: prima di redistribuire, occorre produrre la ricchezza. Loro! Che hanno ingrassato le multinazionali e un pugno di ricchi nel mondo!”, “Concittadini, vogliamo cambiare radicalmente la società: non siamo disposti a ricominciare a produrre non importa cosa, non importa come…”, “Noi crediamo alle rivoluzioni dove si vota, come in Venezuela, come in Bolivia”, “La nostra filosofia è quella dei lumi, della repubblica, della sinistra; con un obiettivo concreto: unire la sinistra per battere il neoliberismo”, “E al Partito socialista dico: non agitate il voto utile. L’unico voto utile è quello che porterà nel Parlamento europeo deputati nettamente contrari al Trattato di Lisbona”.
Sono queste alcune delle battute con cui Jean-Luc Mélenchon (nella foto) ha concluso il congresso del suo partito: lo ha fatto con una dialettica scaltra e vivace, che coniuga il furore iconoclasta con richiami illuministici e repubblicani (di quelli che scaldano i cuori del patriottismo francese); e che, al contempo, colloca questo transfuga del Ps nel campo della sinistra anticapitalista.
In una struttura periferica situata a sud di Parigi, da venerdì a domenica scorsi, il Parti de Gauche (PdG) ha celebrato il suo “congresso costituente”: una forza politica che, appena nata, conta sul contributo di 4mila militanti (ma il trend è in ascesa) e che, essendosi staccata solo un paio di mesi fa dal Partito socialista, ha trovato un suo spazio nella gauche anticapitalistica francese. Nell’ampia sala congressuale, il clima è quello dei grandi momenti. Ma, in generale, è la situazione politica transalpina che mostra chiari segnali di risveglio e offre alle forze della sinistra consistenti opportunità. La Francia ha appena visto mobilitarsi due milioni e mezzo di persone, chiamate allo sciopero generale da tutti i principali sindacati, di nuovo uniti, contro i tagli di Sarkozy e la sua gestione della crisi: come è stato rilevato anche sulla nostra stampa, erano presenti nelle piazze tutti i settori della società. Non a caso, la relazione introduttiva del congresso ha reso omaggio a questa formidabile giornata di sciopero, ringraziando esplicitamente le forze sindacali per la loro determinazione e la loro inequivoca volontà di lotta. Per comprendere quanto il quadro politico francese sia oggi spostato a sinistra rispetto al nostro, è sufficiente considerare la presenza nel corteo parigino della stessa segretaria del Ps, Martine Aubry. Da noi, al contrario, un pezzo di sindacato firma accordi separati con padroni e governo; e il segretario del maggior partito di centro-sinistra tace davanti ad un’operazione regressiva che tenta di isolare e mortificare il più grande sindacato italiano.
Ma è il tema dell’Europa a marcare la più visibile distanza. Mentre in Italia, al livello dell’opinione diffusa, tale questione è sostanzialmente evanescente, in Francia essa coincide con il nervo scoperto di un referendum tradito. In Francia si è votato; e si è votato “No” al Trattato europeo. Ciò ha consentito alle forze della sinistra di radicare questa tematica nel vivo del dibattito politico. Ed oggi la consapevolezza maturata in quella battaglia referendaria è pienamente disponibile, per dare nerbo all’imminente contesa elettorale (“L’80% delle leggi francesi sono trascrizioni di direttive europee!”). Così - accanto alla proposta politica di un Fronte delle sinistre per la prossima scadenza elettorale continentale - sul piano analitico-programmatico, la crisi del capitalismo e l’Europa hanno del tutto naturalmente costituito l’asse centrale della discussione e dei documenti congressuali; e l’intransigente rifiuto del Trattato di Lisbona (“copia conforme del Trattato costituzionale rigettato nel 2005”) ha orientato l’intero dibattito. Di qui passa eminentemente la stessa critica al Partito socialista, “complice” nell’approvazione del suddetto Trattato-fotocopia. Come detto, la radicale critica a questa Europa, “costruzione liberista e autoritaria”, si è intrecciata con quella del vigente sistema capitalistico e con la necessità storica di un suo superamento: necessità resa ancor più inderogabile dalle drammatiche urgenze (sociali, democratiche, ambientali) indotte dal precipitare della crisi. Su questo, la posizione del PdG è parsa molto netta: “Non si esce dalla crisi rilanciando il capitalismo, ridando fiato ai meccanismi che hanno condotto al disastro sociale e ad una spaventosa crisi ambientale”. Occorre proporre un’alternativa al capitalismo, un altro orizzonte, “precisando le transizioni che vi conducono”. Non sarà una passeggiata: “La sinistra non convincerà il capitale finanziario a rendere quel che ha estorto attraverso un’amabile discussione tra gente di buona compagnia”. Ma deve essere la sovranità popolare a determinare la realizzazione di ciò che corrisponde all’ “interesse generale”: precisamente come sta accadendo in America Latina, in Venezuela, in Bolivia.
Sulla base di tali orientamenti generali, i documenti presentati alla discussione hanno articolato il programma del partito (da proporre successivamente ad un’eventuale coalizione elettorale). Innanzitutto, sul versante interno, quello delle concrete risposte alla crisi sociale. La ricchezza c’è: tant’è che le imprese francesi, nel 2007, hanno incamerato 650 miliardi di utili. Contrariamente a quello che fa il Ps, occorre intervenire con decisione e presto sugli squilibri di classe, proponendo misure strutturali a livello nazionale ed europeo. Anche sul versante esterno, il PdG non sembra fare sconti: neanche ad Obama. Gli Stati Uniti - ha infatti osservato la responsabile del dipartimento sui problemi internazionali - si sono resi responsabili dell’azzeramento del diritto internazionale; e le teorie dello Scontro di civiltà e della Guerra al terrorismo hanno di fatto “fornito un nuovo abito” all’imperialismo. Pur essendo diverso da Bush, Obama non smentisce tali pseudo-teorie: e rafforza le truppe in Afghanistan.
Al grido di “Unità, unità!”, il congresso ha approvato l’appello per un Fronte della sinistra alle prossime europee. Il Pc francese ha già accolto l’invito: e l’ovazione tributata dai delegati alla segretaria comunista Marie-George Buffet ha simbolicamente sigillato l’intesa. La decisione tocca ora al sin qui riluttante Olivier Besancenot, leader del Nuovo Partito Anticapitalista (Npa), che ha raccolto e rinnovato l’eredità della Ligue Comuniste Révolutionnaire, il quale celebrerà il suo congresso nel prossimo week-end. A Besancenot si è direttamente rivolto Mélanchon: “Non ti chiediamo di sciogliere il tuo Npa. Tu dici che ci sono cose che vi distinguono da noi. Confermo: anche noi su alcune cose divergiamo da voi. Ma, appunto, non vogliamo una fusione, bensì un’unione tra forze distinte”. Niente oltrismi, dunque; niente superamenti. E niente scissioni. Così si prova a costruire l’unità. E la si costruisce su punti ben determinati. Mélanchon ne indica due, in particolare: rifiuto netto del Trattato di Lisbona e gruppo parlamentare collocato a sinistra del Ps europeo. Unità nel rispetto delle identità e nella chiarezza dei contenuti: questa è la strada maestra che prova a percorrere la sinistra francese. E un sondaggio dà l’eventuale ressemblement al 14,5%...
L'elogio della cattiveria...
Una mattina, mi sono svegliata...e mi sono trovata in un paese violento e cattivo, in cui della cattiveria i politici si vantano, ne fanno il pubblico elogio, con un linguaggio da guerra. Corpi esibiti, aggrediti, stuprati, bruciati, come fossero un bottino da guerra, delle tante guerre che albergano nelle nostre città, dove la rabbia e la paura sono il veleno di cui ci nutriamo.
Oddio! Stiamo precipitando nell'incivilità, o meglio nella civiltà dell'odio, come titola oggi, un bell'articolo di giuseppe d'avanzo su repubblica. La violenza sul corpo di Eluana Englaro, la violenta disumanità che ispira quelle che chiamerei le nuove leggi razziali contenute nel pacchetto sicurezza del governo, ci sbattono in faccia un paese sfigurato, ferito, che non riconosciamo. Ecco l'egemonia politica e culturale delle destre, possiamo non sentirci responsabili se non proviamo, e riproviamo a fare qualcosa per contrastarla? Ecco l'assillo che dovrebbe assalirci e non lasciarci più. Ecco perchè dobbiamo rimetterci in cammino, subito, e ricostruire gramscianamente innanzitutto quell' "intellettuale collettivo" che la sinistra è stata. La sfida per me è questa, e riguarda tutte le culture critiche e le soggettività el cambiamento. Non possiamo restare più muti, nè dentro i nostri recinti. Si può cominciare anche da un segnale.
Una proposta: il movimento per la sinistra promuova subito con tutte le realtà della sinistra che ci vogliono stare, presìdi, manifestazioni, sit-in, iniziative di qualunque genere, ma visibili, n ogni città contro i provvedimenti razzisti e xenofobi del governo. Alla civiltà dell'odio opponiamo una civiltà della solidarietà e del rispetto umano.
lunedì 2 febbraio 2009
Un' Associazione , un Movimento, un Forum per la Sinistra...
L'assemblea nazionale di Chianciano è l'ultima tappa di un percorso che sta radicalmente cambiando il panorana della sinistra uscita sconfitta e dispersa dalle elezioni di Aprile.
Anche la situazione generale è radicalmente cambiata e il nostro agire politico si colloca in un profondo orizzonte economico recessivo allora appena accennato, mentre l’azione di governo svolge coerentemente il programma delle destre che da quelle elezioni sono state legittimate. Gli effetti di progressivo restringimento dei diritti civili e sociali sono evidenti.
Anche il contesto internazionale vede significativi, contradditori, a volte drammatici eventi e cambiamenti, dagli Usa alla Palestina.
A fronte di queste veloci trasformazioni i partiti usciti dalla sconfitta elettorale stanno gradualmente restringendo, invece di allargare l’area della propria rappresentanza.
Migliaia di uomini e donne attori variamente collocati del precedente processo di partecipazione alla politica e alla società, guardano sconcertati le scosse di assestamento, gli arretramenti culturali, gli avvitamenti dei partiti e delle loro segreterie. I movimenti che pure in autunno hanno attraversato tutto il Paese fuggono il circuito chiuso delle discussioni e delle stanze in cui l’esistente sembra rinchiudersi e si danno forme autonome di rappresentanza politico-sociale.
C’è una esigenza aggregativa, di una risposta all’altezza dei problemi in campo, capace di non ripercorrere gli errori e le palesi insufficienze del passato recente. C’è voglia di innovare il vocabolario, di ridare prospettiva alla sinistra, togliendola dal campo rischioso delle parole vuote.