“Trulli” e “citrulli”, “Para-puglia” per parapiglia – il manifesto ci informa di quel che sappiamo già (da televisione e radio), cioè che sulle regioni si sta litigando. Ce n’è solo una, la Puglia, ma è quella che più si presta ai giochi spiritosi di parole. E non è un mistero su che cosa: c’è in Puglia, ed è la sola regione del mezzogiorno, un candidato che non è stato il prodotto d’un apparato né di alchimie di vertice, bensì della gente pugliese, e dei sfavoriti, tanti e puliti, e si chiama Nichi Vendola.
Si dà il caso, non fortuito, che egli faccia parte della sinistra considerata radicale e questo – malgrado la stima personale che, sembra, ha per lui – Pier Ferdinando Casini non lo può tollerare. Allora il Pd nella persona di Massimo D’Alema gli ha messo un bastone decisivo fra le ruote: dare la Puglia a qualcuno più capace di giravolte e intrighi, o a un candidato già battuto, o magari anche perderla piuttosto che mettere in gioco un’eventuale alleanza nazionale del Partito democratico con L’Udc. Di questo si tratta, puramente e semplicemente. E lo sanno anche i gatti. Ma il manifesto ha dei dubbi: ha dato voce, qualche mese fa, ai sospetti sulla chiarezza di Vendola rispetto a malefatte di alcuni della sua giuta – e passi, si trattava di informare. E adesso fa intendere nelle sue apprezzate copertine e nei suoi brillanti titoli, che si tratta di una partita complicata, non si sa bene chi ha torto e che ha ragione, che non si può dire papale papale come stanno le cose. E che il destino della Puglia è stato subordinato a quello nazionale, alla faccia delle autonomie locali, tale e quale come Bettino Craxi aveva inaugurato dopo un trentennio di pulita autonomia locale repubblicana.
La sottoscritta ha tenuto per la prudente politica internazionale di D’Alema, salvo sul Kosovo, ma era complicato davvero. E considera un errore della flebile Europa non averlo fatto suo ministro degli esteri. Un errore per l’Europa e una catastrofe per noi, perchè D’Alema di politica interna e in campo sociale non capisce gran che. Non è il solo a tenere per fermo che modernizzazione sia sinonimo di liberismo. Ma è come credere che nel conflitto sociale prevalga la diplomazia fra sindacati e Confindustria, tale e quale che fra cancellerie.
Luigi Pintor lo ha definito una volta la “Volpe del Tavoliere”. Povera volpe, è tentata, come la Presidenza della Repubblica, di credere che con il Cavaliere si possa tessere un accordo, ridandogli fiato proprio quando si trova in difficoltà. Sbaglia e si farà tagliar la coda una seconda volta, come già con la Bicamerale. E stavolta dopo aver pagato un prezzo – un Lodo Alfano formalmente ripulito – imperdonabile.
Perchè il manifesto non lo dice chiaro e tondo? Questo o quello per noi pari sono? Tutti citrulli? Noi che non abbiamo in gioco né interessi personali né di partito, potremmo essere più liberi di parlare? Invece siamo spiritosi e prudenti. Io non ci sto. Dico che c’è un candidato pulito ed è Vendola, e il resto sono traffici di vertice. Le idee di Vendola non sono le mie, ma le nostre sul degenerare della politica in politicismo non sono chiacchere. Almeno non credo.
Si dà il caso, non fortuito, che egli faccia parte della sinistra considerata radicale e questo – malgrado la stima personale che, sembra, ha per lui – Pier Ferdinando Casini non lo può tollerare. Allora il Pd nella persona di Massimo D’Alema gli ha messo un bastone decisivo fra le ruote: dare la Puglia a qualcuno più capace di giravolte e intrighi, o a un candidato già battuto, o magari anche perderla piuttosto che mettere in gioco un’eventuale alleanza nazionale del Partito democratico con L’Udc. Di questo si tratta, puramente e semplicemente. E lo sanno anche i gatti. Ma il manifesto ha dei dubbi: ha dato voce, qualche mese fa, ai sospetti sulla chiarezza di Vendola rispetto a malefatte di alcuni della sua giuta – e passi, si trattava di informare. E adesso fa intendere nelle sue apprezzate copertine e nei suoi brillanti titoli, che si tratta di una partita complicata, non si sa bene chi ha torto e che ha ragione, che non si può dire papale papale come stanno le cose. E che il destino della Puglia è stato subordinato a quello nazionale, alla faccia delle autonomie locali, tale e quale come Bettino Craxi aveva inaugurato dopo un trentennio di pulita autonomia locale repubblicana.
La sottoscritta ha tenuto per la prudente politica internazionale di D’Alema, salvo sul Kosovo, ma era complicato davvero. E considera un errore della flebile Europa non averlo fatto suo ministro degli esteri. Un errore per l’Europa e una catastrofe per noi, perchè D’Alema di politica interna e in campo sociale non capisce gran che. Non è il solo a tenere per fermo che modernizzazione sia sinonimo di liberismo. Ma è come credere che nel conflitto sociale prevalga la diplomazia fra sindacati e Confindustria, tale e quale che fra cancellerie.
Luigi Pintor lo ha definito una volta la “Volpe del Tavoliere”. Povera volpe, è tentata, come la Presidenza della Repubblica, di credere che con il Cavaliere si possa tessere un accordo, ridandogli fiato proprio quando si trova in difficoltà. Sbaglia e si farà tagliar la coda una seconda volta, come già con la Bicamerale. E stavolta dopo aver pagato un prezzo – un Lodo Alfano formalmente ripulito – imperdonabile.
Perchè il manifesto non lo dice chiaro e tondo? Questo o quello per noi pari sono? Tutti citrulli? Noi che non abbiamo in gioco né interessi personali né di partito, potremmo essere più liberi di parlare? Invece siamo spiritosi e prudenti. Io non ci sto. Dico che c’è un candidato pulito ed è Vendola, e il resto sono traffici di vertice. Le idee di Vendola non sono le mie, ma le nostre sul degenerare della politica in politicismo non sono chiacchere. Almeno non credo.
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