Facciamo un passo indietro alle scorse Giugno, prima del G20 di Pittsburgh e il COP-15 di Copenaghen. Eravamo tutti fiduciosi che durante i due vertici si sarebbe vista la presa di coscienza dei paesi Occidentali e BRICS, liberando i finanziamenti necessari per rilanciare l’economia e limitare i mutamenti climatici.La scarsa incisità di Barack Obama durante i negoziati, a causa della debolezza della New Green Economy americana, ha comportato la mancata assunzione di responsabilità e rallentato la rivoluzione energetico-climatica.
I ritardi del Congresso americano nell’approvare lo US – Climate Change Bill, alle prese con una forte resistenze dei gruppi d’interesse di petrolieri e aziende energivore, contrarie ad assumersi la responsabilità economica e sociale delle emissioni; la non-volontà delle Banche americane di sostenere le industrie ma gli stipendi dei super-manager e azionisti, restituendoo lauti dividendi; il debole sviluppo della filiera produttiva americana delle rinnovabili.
Questi elementi hanno impedito al presidente Obama di bilanciare il potere di una Cina in crescita nella produzione di energia pulita e che quest’anno supererà gli Stati Uniti nel valore della produzione industriale legata alle rinnovabili. L’esperienza per ora sfortunata del presidente Obama, ci dimostra però un aspetto importante della Green Economy, il necessario e fondamentale sviluppo della filiera produttiva delle risorse rinnovabili. Se gli stimoli dello Stato, non corrispondono ad una crescita produttiva e al rilancio dell’economia reale, ma rappresentano solo una misura di compensazione per le emissioni inquinanti, la rivoluzione energetico-climatica, non potrà mai essere da leva per la ripresa. (Continua qui...)
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