Il 26 giugno scorso, alla casa internazionale delle donne, si è svolto un incontro tra sindacalisti sul tema "DOPO IL VOTO: SINISTRA AL LAVORO". L’incontro è stato introdotto da una relazione di Titti Di Salvo di Sinistra e Libertà.
Di seguito riportiamo la relazione di cui sopra:
I risultati delle elezioni europee e amministrative sono stati già ampiamente commentati e troppo velocemente archiviati.
Dovrebbero invece costituire l’occasione di una riflessione meno frettolosa.
Sono la conferma di tendenze nette, non smentite da eccezioni e in particolare dell’esistenza oggi in Italia e in Europa di una maggioranza di centro destra, che si alimenta delle paure dei cittadini nella crisi e nella globalizzazione e di una minoranza di centro-sinistra, pur variamente articolata nei diversi paesi europei.
Naturalmente non si tratta qui di esaminare nel dettaglio flussi elettorali e nuovi scenari, ma quelle tendenze nette è importante sottolinearle perché rappresentano il contesto della nostra azione politica e dunque lo scenario, la realtà con la quale misurarsi, fuggendo dalla tentazione di esorcizzarne gli aspetti più sgradevoli.
1) Il declino del sogno europeo
In Europa 22 paesi su 27 sono governati da governi di centro-destra e la stessa Commissione europea, fermata spesso dalle iniziative dei nostri parlamentari, ha immaginato o emanato direttive, dal mercato del lavoro all’orario di lavoro, distanti per ispirazione politica e contenuto dal modello sociale europeo, da quell’impianto cioè culturale e poi anche concreto che ha ispirato politiche pubbliche, politiche economiche e politiche sociali. Quello stesso che aveva prodotto la carta di Nizza, un nucleo cioè di diritti sociali, civili e del lavoro che disegnavano la moderna cittadinanza europea. Da questo punto di vista il logoramento del “sogno europeo” è avvenuto nel tempo ed è stato favorito dall’assenza di istituzioni democratiche di governo sopranazionali riconosciute come tali dai cittadini europei.
L’esito delle elezioni europee di giugno, dunque, ha fatto emergere il disincanto dei cittadini dei diversi paesi cresciuto negli anni, insieme alle disuguaglianze, alla precarietà e all’insicurezza, quello stesso disincanto che già aveva trovato nel referendum di 3 anni fa sul Trattato costituzionale olandese, francese e danese una prima manifestazione significativa.
La preferenza accordata oggi a partiti di centro-destra o a nuove forze politiche apertamente razziste e xenofobe o apertamente anti-europeiste, parla dunque della distanza tra la retorica europea e la sua realizzazione; della scelta dei governi di addossare all’Europa le difficoltà della loro azione di governo, - il governo italiano è stato in prima fila e Tremonti un teorico particolarmente solerte -; dell’operaio polacco, per dire delle nuove contraddizioni della globalizzazione attraversata con la competizione sui costi del lavoro; parla dell’incapacità di una risposta europea alla crisi; dell’assenza di un’alternativa di proposta credibile e concreta alle politiche liberiste. (Continua qui...)
Di seguito riportiamo la relazione di cui sopra:
I risultati delle elezioni europee e amministrative sono stati già ampiamente commentati e troppo velocemente archiviati.
Dovrebbero invece costituire l’occasione di una riflessione meno frettolosa.
Sono la conferma di tendenze nette, non smentite da eccezioni e in particolare dell’esistenza oggi in Italia e in Europa di una maggioranza di centro destra, che si alimenta delle paure dei cittadini nella crisi e nella globalizzazione e di una minoranza di centro-sinistra, pur variamente articolata nei diversi paesi europei.
Naturalmente non si tratta qui di esaminare nel dettaglio flussi elettorali e nuovi scenari, ma quelle tendenze nette è importante sottolinearle perché rappresentano il contesto della nostra azione politica e dunque lo scenario, la realtà con la quale misurarsi, fuggendo dalla tentazione di esorcizzarne gli aspetti più sgradevoli.
1) Il declino del sogno europeo
In Europa 22 paesi su 27 sono governati da governi di centro-destra e la stessa Commissione europea, fermata spesso dalle iniziative dei nostri parlamentari, ha immaginato o emanato direttive, dal mercato del lavoro all’orario di lavoro, distanti per ispirazione politica e contenuto dal modello sociale europeo, da quell’impianto cioè culturale e poi anche concreto che ha ispirato politiche pubbliche, politiche economiche e politiche sociali. Quello stesso che aveva prodotto la carta di Nizza, un nucleo cioè di diritti sociali, civili e del lavoro che disegnavano la moderna cittadinanza europea. Da questo punto di vista il logoramento del “sogno europeo” è avvenuto nel tempo ed è stato favorito dall’assenza di istituzioni democratiche di governo sopranazionali riconosciute come tali dai cittadini europei.
L’esito delle elezioni europee di giugno, dunque, ha fatto emergere il disincanto dei cittadini dei diversi paesi cresciuto negli anni, insieme alle disuguaglianze, alla precarietà e all’insicurezza, quello stesso disincanto che già aveva trovato nel referendum di 3 anni fa sul Trattato costituzionale olandese, francese e danese una prima manifestazione significativa.
La preferenza accordata oggi a partiti di centro-destra o a nuove forze politiche apertamente razziste e xenofobe o apertamente anti-europeiste, parla dunque della distanza tra la retorica europea e la sua realizzazione; della scelta dei governi di addossare all’Europa le difficoltà della loro azione di governo, - il governo italiano è stato in prima fila e Tremonti un teorico particolarmente solerte -; dell’operaio polacco, per dire delle nuove contraddizioni della globalizzazione attraversata con la competizione sui costi del lavoro; parla dell’incapacità di una risposta europea alla crisi; dell’assenza di un’alternativa di proposta credibile e concreta alle politiche liberiste. (Continua qui...)
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