lunedì 23 agosto 2010

[da Libero.it del 23/08/2010]
Coinvolgere i lavoratori nell'indirizzo e nel controllo della Fiat, come già avviene in Germania e a Detroit. E' questa la richiesta avanzata dal segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni, all'amministratore delegato del Lingotto, Sergio Marchionne, al Meeting di Comunione e Liberazione, a Rimini.
Bonanni ha domandato "una risposta chiara" sulla possibilità di introdurre nuove forme di partecipazione dei lavoratori "se non con il possesso di azioni, almeno nell'indirizzo e controllo, per poter avere accesso ai dati dell'azienda, esprimendosi su cosa va bene e cosa no, e, su quest'ultimo punto, avere ulteriori poteri. Altrimenti il progetto Fabbrica Italia partirebbe con basi non troppo forti".
Il segretario della Cisl ha inoltre lanciato l'appello alla Fiat di reintegrare i 3 lavoratori dello stabilimento di Melfi, licenziati, ai quali, nella giornata di sabato, l'azienda aveva inviato un telegramma, invitandoli a non presentarsi lunedì mattina, nonostante il loro licenziamento fosse stato annullato dal giudice del lavoro.
"La Fiat sbaglia a non reintegrare i tre lavoratori e sbaglia a rincorrere le provocazioni della Fiom perché le rafforza. Spero che l'azienda si ravveda da questo atteggiamento" ha dichiarato Bonanni.
I tre lavoratori di Melfi, intervistati da "Sky Tg24", nel frattempo, hanno fatto sapere che si presenteranno ai cancelli del San Nicola alle 13.30, in tempo per cominciare il turno pomeridiano delle ore 14. Giovanni Barozzino, Antonio Lamorte e Marco Pignatelli non ci pensano proprio a rimanersene a casa. "Noi non siamo parassiti, noi vogliamo il nostro posto di lavoro. Se per la Fiat la sentenza del giudice è carta straccia, se ne assuma la responsabilità" ha dichiarato uno di loro.
E' quindi tensione nonostante la comunicazione di ieri, dal Lingotto, in cui si dice che "la Fiat non intende avvalersi delle loro prestazioni", pur garantendo la retribuzione fino al 6 ottobre quando sarà discusso il ricorso presentato da Torino al Tribunale di Melfi.
E, ad attendere l’arrivo dei tre lavoratori, ci sarà anche un presidio organizzato dalla Fiom, a cui i tre sono iscritti. Pronto, in caso di blocco, l’intervento delle forze dell’ordine e, eventualmente, l’azione penale, secondo la linea studiata dai legali della Fiom.
"Il telegramma, inviato dalla Fiat, è un atto autoritario affrettato, sbagliato e in evidente contrasto con le leggi del nostro Paese" ha attaccato il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini. Al telegramma, la Fiom ha prontamente replicato con una lettera di diffida, inviata all’azienda, in cui si richiama la condotta antisindacale e la responsabilità penale in caso di inosservanza di un provvedimento legale. A respingere la scelta del Lingotto, non è soltanto la Fiom, ma ci sono anche Fim, Uilm e Ugl, contrarie alla decisione del mancato reintegro. Il decreto "va rispettato", urlano all’unisono.
Bonanni, nel corso del Meeting, ha anche auspicato un "ritorno all'unità sindacale tra Cgil, Cisl e Uil. Ma perché questo succeda la Cgil deve mettere al suo posto la Fiom che non è un sindacato, ma un movimento politico".
Il leader sindacale avrebbe anche affrontato temi politici, in particolare quello delle elezioni anticipate, sottolinenado che "Non si può andare alle elezioni fra sei mesi perché il Paese salterebbe per aria, sarebbe esposto agli speculatori e gli investitori fuggirebbero".

giovedì 12 agosto 2010

Campagna pomodoro, Romaniello: "Un tavolo in Regione"

COMUNICATO STAMPA
Il consigliere regionale di Sinistra Ecologia Libertà parla di “forti ripercussioni negative per il «ricatto» degli industriali ai danni dei piccoli e medi produttori”.


“Un tavolo regionale presso il Dipartimento Agricoltura per affrontare con le organizzazioni professionali agricole, le associazioni e le cooperative di produttori, le industrie di trasformazione, a partire dall’unico stabilimento lucano, quello di Gaudiano-Lavello, i sindacati dei lavoratori agricoli, la situazione di emergenza che si è determinata nel comparto del pomodoro”.
E’ la sollecitazione del capogruppo SEL in Consiglio regionale, Giannino Romaniello, che da stamani (12/08/2010) svolge incontri nel lavellese e nell’Alto Bradano per verificare direttamente l’andamento della campagna pomodoro.
“Nel corso degli incontri con dirigenti di organizzazioni professionali e cooperative, singoli imprenditori e lavoratori, per lo più extracomunitari – riferisce Romaniello – ho toccato con mano le forti ripercussioni negative del «ricatto» degli industriali ai danni dei nostri piccoli e medi produttori, «strozzati» da quotazioni eccessivamente basse e da condizioni contrattuali decisamente svantaggiose. Il comportamento dei grossisti e degli industriali della trasformazione del pomodoro colpisce contemporaneamente il reddito degli agricoltori e della manodopera utilizzata, al punto da scoraggiare, in alcuni casi, la continuazione della raccolta di prodotto. È pertanto, una situazione intollerabile e ancor più grave per le condizioni complessive di lavoro di alcune centinaia di immigrati ai quali difficilmente sarà garantito il salario concordato e ancor meno quello previsto dal contratto nazionale”.
“Ci sono tutte le condizioni – conclude Romaniello – per un intervento del Dipartimento Agricoltura della Regione per non lasciare soli gli agricoltori a fronteggiare l’atteggiamento vessatorio degli industriali di settore”.

martedì 10 agosto 2010

Melfi, reintegrati gli operai licenziati

[da Repubblica.it del 10 agosto]
POTENZA - Erano stati sospesi l'8 luglio e poi licenziati dalla Fiat il 13 e il 14 dello stesso mese 1, ma ora un giudice del lavoro ha deciso che possono tornare a lavoro. I tre operai dello stabilimento Fiat di Melfi, in provincia di Potenza, (due dei quali delegati della Fiom), hanno quindi vinto la loro battaglia. Il giudice ha annullato il provvedimento, ritenendolo "antisindacale", e ha ordinato l'immediato reintegro dei tre nelle rispettive mansioni professionali.

Secondo il segretario regionale Fiom della Basilicata, Emanuele De Nicola, "la sentenza indica che ci fu da parte della Fiat la volontà di reprimere le lotte a Pomigliano d'Arco e a Melfi e di 'dare una lezione' alla Fiom". No comment dal Lingotto, che ha fatto sapere soltanto di attendere la notifica del provvedimento.

Antonio Lamorte, Giovanni Barozzino (entrambi delegati della Fiom) e Marco Pignatelli furono licenziati perché durante un corteo interno bloccarono un carrello robotizzato che portava materiale a operai che invece lavoravano regolarmente. Ai licenziamenti seguirono scioperi, proteste e una manifestazione della Fiom: i tre operai occuparono per alcuni giorni il tetto della Porta Venosina, un antico monumento situato nel centro storico di Melfi.

"La sentenza - dice De Nicola - dimostra che le lotte democratiche dei lavoratori non hanno nulla in comune con il sabotaggio. Il teorema 'lotte uguale eversione o sabotaggio' è stato di nuovo smontato e ci aspettiamo le scuse di quanti vi hanno fatto riferimento, a cominciare da personalità istituzionali o rappresentanti degli imprenditori". "Speriamo - conclude il dirigente lucano della Fiom - che la Fiat torni al tavolo per discutere dei temi che stanno a cuore ai lavoratori, a cominciare dai diritti e dai carichi di lavoro".

Per Giorgio Cremaschi, segretario nazionale della Fiom Cgil, "la sentenza è la dimostrazione che la Fiat sta agendo in violazione delle leggi e dei contratti". "A questo punto è chiaro che la linea della Fiat in Italia deve cambiare - prosegue Cremaschi - visto che, per fortuna, l'ordinamento costituzionale italiano è ancora in vigore. A tutti coloro che hanno supinamente sposato le posizioni dell'azienda è rivolto l'invito a cambiare posizione". In particolare, secondo il sindacalista, "sarebbe un fatto di buon gusto se il ministro Sacconi, la presidente della Confindustria Marcegaglia e il segretario della Cisl Bonanni chiedessero scusa per le loro dichiarazioni ai lavoratori licenziati che oggi vengono reintegrati".

"Soddisfazione" per la sentenza è stata espressa anche dall'Ugl: "Sempre abbiamo sostenuto che il licenziamento non doveva essere motivo per determinare una tensione sociale di cui oggi non si sente il bisogno, in una fase difficilissima di crisi industriale in cui proprio i lavoratori e le lavoratrici siamo i primi a pagarne le conseguenze".

domenica 8 agosto 2010

Tremonti non fa sconti, a chi è in grado di far tornare i conti!!!

31/07/2010, Tremonti spara e dichiara: “La Puglia di Vendola è a rischio Grecia”

È vero, la Storia può essere raccontata solo da chi l’ha subita, poiché chi l’ha fatta o la fa, può solo negarla. Tremonti è uno di quelli che la recente storia d’Italia la stanno facendo ed è probabilmente per questo che la nega.

Nega il vergognoso scudo fiscale che consente il lavaggio di ingenti capitali indegnamente depositati all’estero, nega i danni che la recente manovra finanziaria procurerà alle Regioni, nega di aver “risolto” la questione delle multe all’Europa per il superamento delle quote latte favorendo dei delinquenti di Stato (1.500 allevatori), così come nega che la riforma federalista vedrà favoriti i più forti.

Oggi, invece, il ministro Tremonti, messo di fronte alla valutazione di un piano di pareggio dei costi per sopperire ai buchi creatisi a seguito di una manovra di risanamento per il riequilibrio del sistema sanitario pugliese pesantemente intaccato dai mille rivoli di liquida pecunia da subappalto, dispersa tra favori e grandi acquisti in un ipermercato di voti elargiti in cambio di profittevoli promesse ereditata da anni di cattiva gestione, prende tempo e si concede l’autarchico privilegio di rigettare in grande stile, non una richiesta di evasione da pagamenti dovuti alla collettività, ma la richiesta di garanzie finanziarie finalizzate a non danneggiare il welfare di una Regione all’avanguardia.

Di fatto, la Puglia di Vendola, è l’inedito tentativo d’avviare percorsi di governo delle trasformazioni territoriali secondo un ideale di bellezza sostanziale, di sostenibilità dell’economia e volto ad individuare nuovi orizzonti di ricerca che potrebbero aprirsi e svilupparsi in loco; una lungimiranza, quella della Regione Puglia, che è stata capace di andare incontro agli obiettivi di sostenibilità fissati dal Protocollo di Kyoto.

Perché dunque offrire garanzie finanziarie per la prosecuzione di un servizio sanitario, per altro già a suo tempo ripulito da ogni sorta di “mela marcia” dovrebbe essere considerato un gesto assistenzialista, attraverso cui riparare i danni del bilancio di una sorta di inesistente Grecia nostrana? Non è dato saperlo.

Prendiamo atto che il ministro Tremonti sembra molto propenso ad assecondare le richieste di quattro evasori padani, mentre si mostra decisamente avverso nei confronti di chi al contrario, si conferma virtuoso e capace di proporre piani di risanamento senza mettere le mani nelle tasche dei cittadini (pugliesi). Che dire? È un vizio antico.

Da 150 anni il Sud è sottoposto alle angherie e alle violenze di certa parte del Nord (annessione forzata, partigiani antisabaudi retrocessi al rango di briganti, emigrazione per assenza di politiche di sviluppo, ecc.) ed oggi Tremonti, attraverso le sue dichiarazioni, non ha fatto altro che farsi portavoce delle esigenze di chi, ereditando per discendenza diretta questo stupro di civiltà, si erge a rappresentante della parte economicamente più forte di questo Paese, la quale è arrivata a concedersi persino il lusso arrogante di poter impunemente rivendicare la sua paradossale spinta ad ottenere l’indipendenza da un popolo che ha oppresso.